Regia di Anton Gino Domeneghini vedi scheda film
La bella figlia del califfo è in età da marito; un losco pretendente le dona un anello stregato per fare in modo di legare a sè la ragazza. Ma il valoroso Amin chiede aiuto al genio della lampada per risolvere la situazione e far sua la nobile fanciulla.
Pare che per realizzare questo film siano occorsi ben sette anni: dall'idea originale del 1942, nel bel mezzo del secondo conflitto mondiale, fino all'uscita in sala del 1949, a Italia repubblicana e in piena ricostruzione postbellica. L'idea di partenza, sostiene Wikipedia, fu quella di Biancaneve e i sette nani, film targato Disney del 1937: perchè non provare quindi a realizzare una pellicola di animazione tutta italiana? Ed ecco così La rosa di Bagdad, sorta di favola mediorientale trasportata sui grandi schermi nostrani grazie a un soggetto del regista, Anton Gino Domeneghini, e a una sceneggiatura di Lucio De Caro, che qui si occupa anche del montaggio, e di Enrico D'Angelo, con la collaborazione di Angelo Bioletto per i personaggi, Libico Maraja per le scene e ancora di Gildo Gusmaroli, Sergio Cavina e Giac Manerba. Già dalla lunghezza della lista dei soli autori del copione si può intuire quanto sia stata complessa e articolata la lavorazione del prodotto; l'ambizione alta e un evidente gusto per il perfezionismo hanno in effetti dato ottimi frutti e La rosa di Bagdad appare ancora oggi come un notevole lungometraggio di animazione made in Italy. In senso assoluto i pregi, certo, si ridimensionano alla luce di quanto successo nei decenni successivi nel campo del cinema di animazione, ma in termini relativi la pellicola rimane un eccellente esempio di ottimo risultato con mezzi di partenza assolutamente modesti. Per Domeneghini si tratta del debutto registico e allo stesso tempo dell'ultima prova dietro la macchina da presa; fra i doppiatori troviamo anche Carlo Romano, Lauro Gazzolo e Corrado Pani, tredicenne (!) agli esordi in campo artistico. Opera premiata a Venezia al Festival dei ragazzi. 6,5/10.
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