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Il robot selvaggio

Regia di Chris Sanders vedi scheda film

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La recensione su Il robot selvaggio

di lamettrie
8 stelle

Uno splendido cartone. Emozionante. Tecnicamente eccellente.

Sarà forse bello il romanzo (che non ho letto) di Peter Brown da cui è tratto; comunque, la sceneggiatura (e la regia) di Chris Sanders meritano plauso, per come rendono attento lo spettatore, e per come gestiscono i vari piani del messaggio. Che sono davvero parecchi: e, se da una parte possono apparire confusi, dall’altra sono assai significativi.

Probabilmente la chiave di lettura migliore è mettere da parte sia la tecnologia che l’ecologia – che servono assolutamente, in generale, ma non per comprendere appieno quest’opera -, e concentrarsi sull’antropologia.

Cioè: si parla di robot, ma alla fine si mostrano esseri umani: qui educati alla freddezza, e all’efficienza. Le quali non escludono una certa attenzione a non ferire, a non fare male: insomma, alla filantropia. Ma sempre, secondo i canoni del capitalismo qui forse indicati, sempre nei limiti del politically correct. Mancano però – verrebbe da dire, quindi - la tensione e soprattutto la passione umana: il che infatti è ciò che fa evolvere il robot stesso. Così il romanzo e il film mostrano il progresso sostenibile: non solo migliorare l’efficienza, ma che ciò avvenga solo se prima si è garantito un altro progresso, ben più importante: quello di volersi bene, fra le creature – per usare un termine tradizionale, e religioso – o degli esseri viventi. Ma, ancor di più, degli enti: cioè, di tutto ciò che esiste – in un modo potenzialmente accettabile a chiunque, quindi.

Perciò macchine e animali sono metafora degli uomini: a loro conviene volersi bene, ben che più che detestarsi, e/o programmaticamente disinteressarsi gli uni degli altri.  

Quindi il cuore del film sta in questo: mostrare che chi è stato programmato – e dunque educato – a mettere da parte i sentimenti, e ad eseguire solo gli ordini ricevuti, non può reggere, non può viver bene, se vuol vivere coerentemente così. Per forza, se non vuole vivere male, si deve aprire a delle dimensioni emotive: piaccia o no, queste restano le uniche che rendono la vita degna di esser vissuta. Non che le altre non incidano, sulla felicità: sia chiaro. Però hanno un peso ben meno decisivo.

L’evoluzione del robot, aiutato dalla volpe in tale lettura, è commuovente. Così come tutto il film. Che è condito da una rappresentazione meravigliosa del mondo naturale. La quale non risparmia, infatti, niente delle reali smentite che l’ordine naturale offre, in merito alla sua presunta bontà: gli animali si fanno guerra a vicenda per sopravvivere; non se ne può far loro torto.

I particolari degni di nota sono davvero tanti, e non ci stanno in una recensione nel senso ordinario del termine. Ma non si può tacere la finezza psicologica, per vari temi: la difficoltà e necessità di diventare adulto emancipato; o reggere un lutto dei più terribili, la morte dei propri genitori, di cui però si scopre di essere stati tenuti all'oscuro...

Divertimento assicurato per tutti, adulti e piccini. Riflessione seria anche, indipendentemente dal livello di partenza.

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