Regia di Enzo Monteleone vedi scheda film
Un imberbe idealista esaltato dal regime si catapulta - volontariamente (sic!) - nella zona più calda del fronte africano e - involontariamente - sfida le leggi degli uomini e della sorte ad un gioco macabro; dove le pedine da sacrificare sono i suoi commilitoni.
E dove, a lui, non rimane altro che farsi carico di un’eredità storica sconfortante, ma profondamente dignitosa.
Le incursioni dell’ideologica retorica antimilitarista vengono eluse non senza qualche difficoltà da Monteleone il quale, nondimeno, riesce a mettere da parte i luoghi comuni ed a coniugare, con mestiere, la tradizione della nuda e cruda presa di coscienza (di quale sia l’unico volto della guerra) con quella della commemorazione composta di chi ha sacrificato tutto, per un pugno di sabbia.
E con pochi mezzi, ma tanta buona volontà, demistifica la guerra ricorrendo non tanto alla violenza dell’aggressione straniera (incombente, più volte minacciata, ma consumatasi - a conti fatti - in una manciata di inquadrature confuse) quanto, piuttosto, ad una quotidianità pigra e beffarda, all’agonia delle lacerazioni corporali ed all’amarezza dell’immensità delle distanze; quelle che creano un divario incolmabile fra i desiderata del Duce ed i bisogni primari del suo popolo; e fra le legittime aspirazioni di quest’ultimo e la realtà di un ritorno a casa che è solo un miraggio. Che non avrà mai luogo.
Un modo onesto ed efficace per riconciliarci con un passato scomodo, ma profondamente italiano.
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