Regia di Enzo Monteleone vedi scheda film
Un buon film, a tratti credibilissimo come film di guerra, a tratti un po' troppo "Mediterraneo" (i miraggi nel deserto, la voglia di fuggire, la presenza di Cederna). Grande merito di Monteleone è quello di avere acceso la luce su un episodio tragico e vergognoso, troppo trascurato dal cinema italiano del dopoguerra (in realtà nel 1957 era stato realizzato un altro film sullo stesso episodio - da qui l'aggiunta del sottotitolo - ma non è rimasto nella storia del cinema). Anche l'Italia ha avuto il suo Vietnam ed El Alamein è stata la Caporetto della nostra seconda guerra mondiale, tralasciando quell'immane tragedia consumata nel gelo della Russia negli stessi mesi in cui si consumava la disfatta nordafricana. La battaglia di El Alamein, in questo film, si risolve in uno scontro notturno nel quale le truppe italiane sono martellate dall'artiglieria britannica. A proposito, qui gli inglesi sembrano onnipotenti, equipaggiatissimi, onnipresenti, cavallereschi (a parte un infido cecchino) e soprattutto non dormono mai: di giorno mitragliano con l'aviazione e di notte bombardano con l'artiglieria e avanzano con i loro mezzi corazzati. Tra i soldati italiani, al contrario prevale uno scoramento disincantato e disingannato - simboleggiato dal generale interpretato da Silvio Orlando - che a tratti fa a pugni con il fanatismo di alcuni ufficiali, come il colonnello di Roberto Citran.
La scena più emozionante è comunque quella finale con i nomi e le scritte IGNOTO stampigliati sul marmo bianco di infinite tombe nel sacrario italiano di El Alamein (e il regista riesce a rifuggire in extremis ad un finale simil "Soldato Ryan", con il reduce sulle tombe dei commilitoni), a perenne memoria di un'immane tragedia e vergogna che qualcuno, oggi, pare essersi dimenticato.
Sono molto bravi gli attori, specialmente Solfrizzi e Favino, ma anche il giovane Briguglia riesce ad evitare la retorica della reclutina mandata a farsi uomo nell'orrore della guerra nel deserto. "El Alamein" è un film che certo non sarà ricordato come un capolavoro, ma rappresenta un'occasione non del tutto sprecata. (11 giugno 2004)
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