Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
In un ospedale veneto nel quale, durante la Grande Guerra, si curano i feriti che arrivano dal fronte, il dott. Zorzi (Montesi, qui a un ulteriore salto di qualità) si trasforma progressivamente da medico in ispettore, implacabilmente occupato a smascherare i tentativi di simulazione da parte di chi vorrebbe evitare di tornare al fronte. Al suo fianco opera il dottor Giulio Farradi (Borghi, perfetto e tutto in sottrazione), brillante uomo di scienza, convinto antimilitarista e suo amico di lunga data, che escogita ogni possibile trucco pur di far rientrare i pazienti a casa. La relazione tra i due è ulteriormente complicata da una crocerossina (Rosellini, punto debole del film) che è segretamente innamorata di Giulio.
Con Campo di battaglia, alla soglia degli ottant'anni Amelio firma uno dei suoi film più riusciti e profondi, disegnando la lacerazione dello sguardo sulla malattia in nome della patria, dell'obbligo di andare al fronte, di sfidare persino la tragedia dell'epidemia di spagnola che, proprio in quell'ultimo scorcio della Prima Guerra Mondiale, andava mietendo vittime senza distinzione. Una lettura metonimica di quanto sta accadendo oggi, che rende attualissima la lettura che il film dà del romanzo La sfida (2018) di Carlo Patriarca, dal quale è liberamente tratto. Il film cala così lo spettatore in una babele di lingue e dialetti, in un'atmosfera plumbea, con riprese in esterno quasi completamente assenti, capace di restituire quel senso di oppressione e di morte che vive chi pagherebbe qualsiasi prezzo pur di non tornare a combattere una guerra. In nome di cosa, poi?
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