Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
un film necessario, perchè è bello e perchè parla di qualcosa che accompagna la vita degli esseri umani come la vita, come il respiro, come la morte, e come i "mai più" che ciclicamente tornano
cìè il campo di battaglia concreto, quello dove si fanno montagne coi cadaveri e si rischia di seppelirne di mezzi vivi sotto i cadaveri; c'è il campo di battaglia morale, quello che divide due amici che lavorano nell'ospedale militare; stefano cerca di salvarne dal tornare nel carnaio e giulio invece è un fervente militare che crede nel dovere , ma che non ama più il suo lavoro, stanco di ciò che vede arrivare.
poi c'è il campo di battaglia di genere, quello che impedisce ad una donna di carattere di diventare medico, anna, amica di entrambe gli uomini, ma che sarà la causa per cui stefano verrà allontanato dall'ospedale inspiegabilmente e salvato in extremis da giulio, sepolto in un forte in montagna dove dovrà cercare una cura per l'altro campo di battaglia, quello virale, contro l'influenza spagnola, che sta spargendo i suoi artigli su tutto il mondo.
ma amelio, è bravo a dimostrarci, se ce ne fosse bisogno(ma ce n'è, ahinoi), che la vita intera è un campo di battaglia, tra ricchi e poveri che cominceranno a morire come mosche sotto l'influenza; la propaganda militare che vieta di parlarne; le fucilazioni dei retinenti di fronte ai feriti nel cortile dell'ospedale per far passare la voglia ai "codardi" di tentare di sottrarsi al proprio dovere di morire per la patria.
un film umanista che tenta di dare uno sguardo sulle umane fragilità di fronte ai doveri in uno stato di guerra, con la fotografia livida , completamente mancante di colori che non siano quelli del freddo, della morte, del granito delle montagne, dei muri bianchi dell'ospedale, delle divise, delle lampadine giallastre come certi liquidi putrescenti della mansarda dove stefano riofrmava i feriti, o nei cunicoli in montagna dove tentava di capirci qualcosa in quell'influenza maligna che ammazzava quelli che sopravvivevano ai colpi della guerra.
e i visi diafani delle persone: gli occhi cerulei; i corpi maciullati dei soldati ricoperti di bendaggi intrisi degli umori corporei simili a quadri astratti; la disperazioni di quei poveri ragazzi, molti del sud , che volevano solo ritornare ai loro paesi; la disperazione di stefano nel non poterli salvare tutti, il suo sguardo sperso su tutti loro; la lancinante certezza di giulio che crede nonostante tutto e poi....
e poi i sentimenti dei tre che si mescolano, s'intrecciano, ma sono disciplinati anch'essa dalla legge marziale.
bravi i tre protagonisti; tutti imprigionati nei loro stessi ruoli; sembrano pentole a pressione pronte ad esplodere e invece confinati nei loro ranghi fanno quello che possono "per non far morire nessuno"; una miserevole bugia peggiore di un tradimento tra amici , perchè alla fine è sempre tra persone che ci si guarda negli occhi:
e quando è troppo, è proprio quello sguardo di borghi che ci fa capire che possiamo molto , ma c'è un momento in cui sappiamo che non possiamo più
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