Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917: CAMPO DI BATTAGLIA
“L’Orrore, L’Orrore ha un volto” con queste parole Francis Ford Coppola faceva spiegare a Marlon Brando l’assurdità della guerra e cosa dovevamo fare per poter convivere con questo orrore.
A Gianni Amelio basta la scena iniziale per introdurci quel 1918, gli ultimi mesi di una guerra violenta che porterà con sé strascichi imprevisti e inimmaginabili.
Un soldato stanco e affamato che nel buio della notte fruga le tasche di centinaia di soldati morti accatastati come una collina. Ma dentro la collina emerge una mano insanguinata come il finale di un horror slasher ma in realtà è solo l’inizio di un cammino fatto di mutilazioni per il povero ragazzo siciliano salvato quando meno se lo aspettava. Quella mano è per lui il segno di un miracolo che lo porterà ad un ospedale militare dove è presente un’altra guerra quella che stanno portando avanti due colleghi amici, Il Capitano Stefano e il Tenente Giulio.
Il primo è militarista e patriota convinto. La sua missione è mettere in sesto i militari per poterli rimandare al fronte ma soprattutto sgamare coloro che si procurano volontariamente quelle ferite che possono permettere loro quel congedo per invalidità che vuole dire restare ancora in vita.
Il secondo è un’idealista. Un biologo disilluso dalla Grande Guerra che gli ha impedito qualsiasi aspirazione di carriera. Ha creato una sala operatoria semiclandestina per procurare quelle menomazioni che salverebbero la vita a tanti ragazzi lontani da casa. Ma che vita è quella colui che perde volontariamente una gamba, che si procura una cecità con i batteri dello scolo o una sordità semipermanente.
Il paradosso è che entrambi non hanno visto il “Campo di Battaglia” di persona grazie agli interventi del padre influente del Capitano Stefano che ha trovato un posto anche al suo compagno di università Stefano.
La scelta di Gianni Amelio è chiara e diretta fin da subito.
Vivere o Morire in guerra è anche e soprattutto una questione di classi sociali. Nonostante siano tutti italiani, i soldati parlano tutti in dialetto stretto quasi siano stranieri in casa loro.
I colti dottori nonostante l’inflessione veneta parlano un italiano corretto e Amelio decide di non dividerli in buoni o cattivi.
Il Capitano esegue solo gli ordini e andare in guerra è un dovere morale e patriottico e in nome di questo è disposto a tutti.
Il Tenente vuole aiutare e proteggere i soldati dalla violenza sia fisica ma soprattutto psicologica della guerra anche a costo di farli a pezzi.
In mezzo a loro arriva Anna, la loro bravissima e agguerrita compagna di università che per superare gli esami doveva sapere anche quello che non c’era scritto sui libri ma in quanto donna potrà al massimo fare l’infermiera.
Alessandro Borghi, Federica Rosellini ma soprattutto Gabriel Montesi sono molto bravi e in parte a dare vita a questo ménage a trois tra amici che hanno perso i loro sogni giovanili in nome di una guerra senza senso e che adesso non sanno come gestire il loro amore ai tempi della Spagnola.
Purtroppo, Gianni Amelio si perde proprio sul traguardo.
Nel momento in cui l’epidemia entra con tutta la sua viralità anche nel film, il regista si smarrisce tra quale linea seguire se continuare a raccontare come gli orrori della guerra rovineranno per sempre il rapporto tra i tre protagonisti oppure virare verso la metafora della Spagnola come un riflesso dei nostri tempi.
Un vero peccato perché per 3/4, Campo di Battaglia è sembrato un grande film di guerra che non fa vedere la sporca guerra del fronte ma che con i suoi effetti collaterali ci fa ancora più paura.
Voto 6,5
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