Regia di Ray Morrison (Angelo Dorigo) vedi scheda film
All'apertura del testamento, i sette parenti di un uomo morto ammazzato nel suo castello scoprono che per ottenere l'eredità dovranno trascorrere un mese dentro al maniero del defunto. Soltanto tre però saranno i beneficiari.
Se è vero che - generalizzando, certamente - anche nel cinema esistono una serie A (i grandi autori), una serie B (i film 'di cassetta') e una serie C (i prodottini seriali girati al risparmio), allora A... come assassino appartiene di diritto alla serie Z: la categoria che racchiude i lavorucci (o -acci?) semplicemente tirati via, senza mezzi nè idee, che scimmiottano pellicole di serie superiori senza arrivare a un risultato decoroso. Angelo Dorigo - che qui si firma con lo pseudonimo Ray Morrison - non è in effetti una firma notevole, ma per gli assidui frequentatori del cinema italiano di quel periodo non è neppure un nome nuovo: attivo quasi soltanto negli anni Sessanta, aveva diretto anche qualche titolo dalle pretese artistiche maggiori (Un marito in condominio, 1963; Amore e guai, l'esordio del 1958, con Mastroianni), oltre ad aver lavorato in tv per Carosello. In questa occasione mette in scena un soggetto giallo-simil-horror di Ernesto Gastaldi sceneggiato da Roberto Natale e Sergio Bazzini che ricalca il classico canovaccio del castello maledetto dal quale i protagonisti non usciranno vivi o, se proprio ce la faranno, sarà a caro prezzo. Il bianco e nero nel 1966 era ormai ampiamente in disuso; più che conferire un'atmosfera retrò al film, ne denuncia la povertà di budget; le riprese, quasi interamente in pochi e spartani interni, sono abbastanza approssimative e vanno di pari passo con la modesta direzione dei modesti interpreti. Fra questi si possono citare per lo meno Alan Steel (cioè Sergio Ciani), Aichè Nana, Ivano Staccioli e Mary Arden. La tensione latita, anche se il finale, con un inaspettato colpo di scena, si fa parzialmente perdonare. 2/10.
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