Regia di Brunello Rondi vedi scheda film
Gioia è sconvolta dalla morte della figlia, ancora bambina, quando si reca a casa del fratello Axel, sul mare d'estate. Qui conosce il giovane Dionigi, da subito attratto dalla donna, che però continua a manifestare pesanti segni di squilibrio mentale.
Se c'è una cosa che non funziona in questo film è il suo senso, il suo significato più profondo; la morale di Domani non siamo più qui è infatti oscura, fumosa, intrappolata tra le incertezze e i cambi di umore della protagonista Gioia. Una bravissima (nemmeno a dirlo) Ingrid Thulin, in un ruolo (nemmeno a dirlo) bergmaniano, ma che in definitiva da Bergman prende solamente la facciata esteriore. La nevrosi borghese-uterina (isterica non avrebbe reso al meglio, qui) del personaggio è indubbiamente tutta farina del sacco del regista e sceneggiatore Brunello Rondi, i cui ritratti di donne fragili, compromesse, intriganti, disinibite non sono mai riusciti a sembrare più di tanto reali; di tutt'altra pasta il materiale narrativo del Maestro svedese, che pure qui viene richiamato dal contrasto tra le atmosfere quasi spettrali e l'ambientazione balneare estiva, nonché dall'uso di un bianco e nero ben vivido e, ultimissimo 'nemmeno a dirlo', dalla profondità degli argomenti trattati. Rondi costruisce bene la scena, dà spessore sufficiente ai suoi personaggi, ma tutta la pellicola sembra poi svanire in una bolla di sapone, man mano che la visione procede verso un finale assolutamente nullo, indecifrabile al di là delle effettive intenzioni dell'autore. Accanto alla Thulin compaiono Robert Hoffman, Maria Grazia Buccella, Gianni Santuccio, Umberto Raho e Luigi Vannucchi; la vena autoriale del regista, dopo i validi esordi con Una vita violenta (diretto assieme a Paolo Heusch, 1962) e Demonio (1963), andrà pian piano spegnendosi. 4,5/10.
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