Regia di Brett Ratner vedi scheda film
Fedele tutto sommato al romanzo, bellissimo, di Thomas Harris, "Red Dragon" sa come catturare lo spettatore in un abisso di paura che lo avvinghierà fino alla risoluzione finale. La tensione serpeggia dalle prime scene, con un picco già nell'apertura, sontuosa, girata in un teatro d'opera. Il dottor Hannibal Lecter, amante del bel canto, si gusta lo spettacolo ma pre-gusta già la sua prossima preda. L'occhio mefistofelico e l'acquolina in bocca non sfuggono al conoscitore profondo di Lecter. Anthony Hopkins aveva avvertito: «Nessun tentativo di strappare i consensi del pubblico, nessuna sindrome di Stoccolma. Il mio Hannibal ha una tragedia greca nell'animo e non lo nasconderà». Ha mantenuto la promessa. Perché se lo psichiatra antropofago ha tendenze meno splatter rispetto al "Il silenzio degli innocenti" dove si faceva a cena due poliziotti per poi squartarli, qui la sua efferratezza è telefonata ma non meno agghiacciante. Il rapporto con l'agente federale Will Graham è uno degli aspetti più godibili della pellicola. Lecter svela qualche dettaglio della psiche malata di Lupo Mannaro, il serial killer a cui Graham dà la caccia, ma è ammirato al contempo dalla sua personalità e gli suggerisce perfino di "fare visita" al poliziotto. Nessuna amicizia è al sicuro se c'é di mezzo Lecter. Il sopralluogo che compie Will nella casa della prima famiglia massacrata è uno dei momenti più alti, qualitativamente, della pellicola. Le turbe che si risvegliano nell'agente Fbi, il suo dolore infinito davanti alle spoglie dei corpi straziati e la maledizione di una mente così empatica si impossessano del pubblico, che si affeziona al personaggio quasi quanto a Lecter. E in questo è bravo Ed Norton. Ma il colpo da maestro il giovane regista lo fa caratterizzando lo psicopatico Francis Dolarhyde, interpretato da un perfetto Ralph Fiennes. L'idea di sentirne la voce e i ricordi della sua infanzia disastrosa, prima di vederlo in viso è eccezionale. La frase che gli calza più a pennello la pronuncia Norton: «È un uomo con un mostro sulle spalle». Anni di abusi sessuali e violenze si traducono nell'incedere lento, insicuro e nella reale timidezza di Lupo mannaro, che preferisce la luna come testimone silenziosa e complice dei suoi efferati delitti. La tormentata e romanticissima liason con la cieca è un passaggio sublime del film. Memorabile lo svelamento di sé attraverso l'enorme tatoo ispirato al Lucifero di William Blake che Ralph Fiennes compie davanti a un terrorizzato e narcotizzato giornalista del Tattler. Un dettaglio importante nella cattura del criminale: Crowford dà a Graham, come "scalpo" della vittima, l'immenso libro in cui raccoglieva ritagli di giornale, dediche al dottor Lecter e disegni malati di quando era un bambino ripetutamente vessato. Ma qualche lacuna c'è: ad esempio, si ha l'impressione che al finale Ratner ci arrivi in un modo troppo frettoloso, come ansioso di liberarsi della patata bollente: lo psicopatico. Per non parlare del dialogo tra Lecter e il dottor Chilton, il suo carceriere. Il cannibale domanda come si chiama la poliziotta che lo interrogherà: una trovata da telefilm alla Agatha Christie.
Danny Elfman ha composto partiture originali, pur rendendo omaggio al grande Howard Shore, che aveva dipinto scenari angoscianti con "Il silenzio degli innocenti". Buono il risultato
Guardare l'Hannibal Lecter di sir Hopkins è come vedere il Male Assoluto. Sembra di scendere negli inferi come Orfeo, accompagnato da una Euridice in malafede che invece di ridiscendere sola all'inferno ti trascina giù con te.
È stra-magni-fico come suo solito. Forse trattenuto un po' troppo nei panni dell'intuitivo, modesto e corretto poliziotto, ma è un'esperienza da non perdere vederlo recitare.
Il personaggio più riuscito di questo episodio. Il suo "Piccolo sorriso" rimarrà indimenticabile per gli estimatori della saga inventata dal romanziere Thomas Harris. Tanti i momenti dove ammiriamo il suo talento. Temevo che la tenera e tragica storia d'amore con la cieca (strepitosa Emily Watson) venisse inghiottita nella caccia allo psicopatico invece diventa uno dei punti di forza del personaggio di Fiennes e chiave di volta per capire la complessa psicologia del personaggio
Esperto e incisivo il suo capo dell'Fbi Jack Crowford: la classe e il carisma di Harvey si sentono e non fanno rimpiangere il medesimo personaggio nelle vesti di Scott Glenn, altro attore di stoffa
Aveva paura di strafare, che i percorsi della cinepresa gli sfuggissero di mano e penso che si veda. A metà strada tra Johnathan Demme, di cui riprende il dinamismo e la razionalità degli ambienti dell'Fbi,e Ridley Scott, che ricorda nelle scenografie barocche della casa di Lecter, nella scena all'opera e nell'abitazione dell'assassino. Mantiene per tutto il film una tensione palpabile, senza cedimenti. E non è poco
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