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La camera verde

Regia di François Truffaut vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La camera verde

di Ethan01
8 stelle

"Lei è giovane, ma vedrà che a un certo punto della vita si conoscono più morti che vivi."

Julien Davenne (François Truffaut) è un reduce del primo conflitto mondiale che ha visto morire tutti i suoi amici in guerra e ha perduto la moglie undici anni prima.

Julien non è riuscito ad accettare la morte di tutte queste persone e cerca di mantenerle vive attraverso i suoi ricordi. Arriva al punto di consacrare una vecchia cappella a tutti i suoi morti, nella quale mantiene una miriade di candele costantemente accese. E neppure l'amore di una giovane donna (Nathalie Baye) riesce ad allontanarlo dalla sua ossessione.

Ispirato molto liberamente a tre racconti di Henry James, cioè "L'altare dei morti", "La tigre nella jungla" e "Gli amici degli amici", il diciassettesimo lungometraggio del grande cineasta francese è una sentita riflessione sul tema della memoria, individuata come l'unico mezzo che i vivi hanno per poter permettere a coloro che non ci sono più di continuare a vivere ancora, nel ricordo. E, implicitamente, sembrerebbe un tentativo di vincere le barriere imposte all'uomo dalla sua stessa natura "mortale".

Si tratta di un assunto molto suggestivo ma chiaramente estremo, di cui si fa portavoce il protagonista del film, un uomo che, paradossalmente, "vive in funzione dei morti" e appartiene più all'aldilà che al mondo dei vivi. Julien segue infatti la sua idea con una caparbietà ossessiva che lo isola totalmente da tutti coloro che lo circondano.

Nonostante l'assenza di una trama gialla e di elementi tipici del thriller, "La camera verde" è un film molto hitchcockiano: impossibile non pensare infatti a "Vertigo".

Difatti sia Julien che Scottie hanno in comune l'ossessione per delle persone morte; ovviamente il contesto e i risvolti successivi sono totalmente diversi, tuttavia è possibile riscontrare delle analogie di base. Ma i rimandi al capolavoro di Hitchcock non si fermano qui. Anche la fotografia (bellissima) di Néstor Almendros, virata su toni freddi e soprattutto sul verde, si rifà al lavoro che fece l'operatore Robert Burks per la fotografia di "Vertigo", dove a predominare sono il rosso e, appunto, il verde. Comunque, nonostante la complessità dei temi trattati, la regia è di una linearità disarmante, priva di orpelli inutili e molto attenta nel restituire allo spettatore l'atmosfera particolare e soprattutto il senso di morte che accompagna tutto il film.

La scelta di Nathalie Baye è azzeccatissima, mentre la prova di Truffaut come attore (checché ne abbia detto qualche utente di questo sito) è molto buona, specialmente per come rende la cieca ostinazione del personaggio.

"La camera verde" non rientra tra i film maggiormente conosciuti e apprezzati del grande autore francese; necessiterà forse di più visioni per comprenderne appieno la portata e il valore artistico, ma è senza ombra di dubbio una delle sue opere più belle e personali.

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