Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film
“Rumble fish”, questo il titolo originale che si riferisce ai pesci che il personaggio interpretato da Mickey Rourke vuole liberare, è un piccolo cult, girato in bianco nero ed abitato da tanti volti interessanti (con carriere a seguire più o meno importanti), con una storia di disagio non proprio originale, ma caratterizzata con un talento superiore.
A Tulsa (Oklahoma) anni sessanta il giovane Rusty James (Matt Dillon) è una testa calda a capo di una piccola banda e sogna di diventare come suo fratello maggiore (Mickey Rourke) da tempo lontano.
Quando quest’ultimo fa inaspettatamente ritorno, salvandolo subito da una situazione di pericolo, i due avranno modo di trascorrere del tempo insieme, mentre un poliziotto non aspetta altro che facciano una mossa sbagliata per toglierli dalla circolazione.
Film per nulla banale segnato da una regia molto ricca, inquadrature raramente banali, con continui movimenti di macchina e grandangoli a volontà, una visionarietà a tratti accentuata (soprattutto nella seconda parte) e un bianco e nero aderente e ben sfruttato.
Unici elementi a colori sono i pesci del titolo, che, come dice il fratello di Rusty, “nell’acquario non possono stare a contatto tra di loro altrimenti si attaccherebbero subito, ma se avessero lo spazio vitale del fiume si comporterebbero in maniera differente” e questa affermazione altro non è che la metafora portante della storia.
Altresì è interessante il confronto tra i due fratelli (e con essi il padre) che rappresentano la propria (e non solo) impossibilità di vivere il sogno americano chiusi nella loro realtà e condizione umana.
E poi il film è (sovrap)popolato da volti interessanti, dal selvaggio Matt Dillon, dal carismatico Mickey Rourke (che a rivederlo giovane fa sempre riflettere come si sia devastato negli anni), al relitto alcolizzato sottolineato con aderenza da Dennis Hopper, arrivando alla candida Diane Lane, al feticcio Tom Waits ed ai comprimari Chris Penn e Nicolas Cage.
Una pellicola non facile, visivamente suggestiva, narrativamente non sempre avvincente (a tratti Coppola forse esagera, tra simboli, metafore e discorsi “sospesi” tra i personaggi) che finisce come altrimenti non avrebbe potuto (una “stupida” morte).
Ribelle e rarefatto.
Regia evidente, forse anche troppo esasperata nella ricerca della forma (un pò ridondante), però su tutto è caratterizzata da un gran risultato dal punto di vista estetico.
Importante.
Giovane e scapestrato, direi il protagonista ideale per quella stagione di cinema a stelle e strisce.
All'altezza.
Gran personaggio eccentrico e tenebroso anche, se non soprattutto, grazie al suo magnetismo.
Notevole.
Giovane ed estremamente candida, è bello rivederla così.
Discreta.
Compare in pochi scampoli di pellicola, ma nel suo piccolo si tratta di un'interpretazione perfetta.
Un "non protagonista" da Oscar (anche se non l'ha vinto, ma ci vuole anche poco per capire il perchè).
Lo si riconosce al volo in una parte secondaria comunque espressa con dimestichezza.
Più che sufficiente.
Altro (qui) giovane ruspante che occupa una posizione secondaria con grande facilità.
Più che sufficiente.
Tra i tanti volti in bella vista è forse quello meno convincente.
Sufficiente.
Sufficiente.
Compare brevemente giusto un paio di volte anche se lo si riconosce.
Tenebrosissimo il suo poliziotto.
Sufficiente.
Nei panni del barista di quartiere, vero feticcio per il regista.
Presenza sfuggente, ma gradita.
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