Regia di François Ozon vedi scheda film
Arriva in questi giorni in sala una sorta di remake di questo film, firmato da Alessandro Genovesi con un curioso titolo: "7 donne e un mistero". Ozon, invece, ci presenta tutte le 8 belle vipere coinvolte in uno strano delitto il giorno di Natale: da una pièce teatrale di R. Thomas.
In piena campagna, nella lussuosa villa del padrone di casa, abita la sua famiglia allargata: la bella moglie Gaby (Catherine Déneuve) non più giovanissima, la figlia Catherine (Ludivine Sagnier), la suocera (Danielle Darrieux) e la cognata scontrosa, Augustine (Isabelle Huppert). L’arrivo dell’altra figlia, la giovane Suzon(Virginie Ledoyen) e, più tardi, di Pierrette (Fanny Ardant), sorella di lui completa la famiglia.
La festa, però, non si sarebbe svolta: Louise (Emmanuelle Béart), la cameriera, ha scoperto che il padrone di casa, a cui sta portando la colazione in camera, è riverso sul letto in un bagno di sangue, colpito da un pugnalata alla schiena. Altre scoperte si susseguono: i fili del telefono tagliati - impossibile chiamare la polizia – ; l’impianto del riscaldamento fuori uso con la neve fittissima che blocca le porte – impossibile uscire – .
Profonda inquietudine: l’attentissimo cane non aveva abbaiato, dunque una delle otto donne era l’omicida. La figlia più giovane della vittima indaga sugli spostamenti delle sette signore – che con Chanel (Firmine Richard), la fedele serva nera, diventano le Otto donne del titolo – anche per capire se qualcuna di loro covasse odio o rancore nei confronti del suo amato padre.
Il film sembrerebbe procedere in due direzioni, entrambe convenzionali: la prima è quella del giallo classico in cui gli indizi, innumerevoli, non diventano mai prove, potendo essere continuamente ribaltati e perdendo, perciò, ogni consistenza; la seconda, ispirata alla più tradizionale misoginia, è la rivalità astiosa fra le otto donne, le cui inconfessabili e segrete debolezze sono per lo più note all’universo femminile meschino, pettegolo e ipocrita che si aggira nella casa e intorno a essa, ma sono sempre anche accuratamente occultate e taciute a tutti per offrire, almeno all’apparenza, il quadro di una famiglia “per bene”, come si conviene fra gente ricca o presunta tale.
In realtà, fin dalle prime scene il film è costruito come un musical le cui sequenze sono accompagnate dal ritmo delle canzoni più note all’epoca in cui il film venne girato, che vengono interpretate dalle diverse otto attrici, che quindi si cimentano con intelligenza e ironia in un genere cinematografico piuttosto ibrido, al quale non sono certo abituate.
Il film - concepito in un primo momento come il remake del film Donne, di George Cukor (1939) di cui mantiene l’idea del cast di interpreti esclusivamente femminile - diventa l’adattamento di un testo teatrale, piuttosto in voga, scritto negli anni ’60 da Robert Thomas, in cui del giallo rimane assai poco: Ozon lo trasforma in una storia ricca di una bella verve ironica, merito del malizioso e intelligente umorismo della sceneggiatura (François Ozon, Marina de Van), ben sorretta dalle bravissime attrici, capaci di suscitare la nostra curiosità intorno a una vicenda piena di colpi di scena e di inattese conclusioni.
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