Regia di Artavazd Pelesjan vedi scheda film
Questa variazione sul tema del volo e della conquista dello spazio ha il suono di un interrogativo; le immagini di repertorio, ricomparendo ad anni di distanza dai primi aeroplani e dallo sbarco sulla Luna, sembrano chiedere all’umanità cosa mai, per tanto tempo, l’abbia fatta così ingenuamente sognare, gioire e disperare. A fronte dell’inimmaginabile vastità del cosmo, noi siamo comunque rimasti piccoli, a sventolare come un aquilone quel minuscolo frammento di cielo che ci illudiamo di poter considerare nostro. Inalterata è rimasta non solo la nostra ignoranza di fronte all’insondabilità dell’universo, ma anche la nostra totale subalternità rispetto alle leggi naturali. La gravità continua ad esercitare il suo mostruoso e tirannico potere, assoggettandoci come la velocità dei mezzi di locomozione, la cui spietata forza crediamo invano di poter dominare. Quando pretendiamo di superare i nostri limiti fisici, siamo drammaticamente buffi o tragicamente incoscienti, e ogni incidente è, di fatto, un episodio di autodistruzione. Nel montaggio di Pelesjan, i fugaci sorrisi dei festeggiamenti si alternano a terribili scene di esplosioni, che si protraggono incessantemente sino alla fine; d’altronde, fintanto che non v’è un ripensamento, ad avere l’ultima parola saranno sempre e soltanto i nostri errori.
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