Regia di Oskar Röhler vedi scheda film
Il cinema tedesco è in questo momento quello messo peggio in Europa. Ogni anno lo conferma quel che si vede ai festival, e i pochi film che arrivano in sala da noi. Non fa eccezione “Hanna Flanders”, che racconta la storia di una scrittrice di mezza età, residente a Monaco di Baviera ma pubblicata e venduta soprattutto a Berlino Est, che col crollo del Muro si trova in una crisi personale irreversibile. Cerca di trasferirsi a Berlino, ma il suo uomo ha un’altra; incontra suo figlio e poi i propri vecchi genitori, un gigolò, una modesta famiglia della Turingia ecc. E mentre tutti festeggiano, lei è sempre più cupa e sola. Fisicamente, Hanna Flanders è una specie di malevola parodia di Christa Wolf addobbata con parrucche assurde, ma il film è greve nelle osservazioni sugli intellettuali tedeschi conniventi col regime comunista, e superficiale nel suo ritratto di donna in crisi. Il bianco e nero e la narrazione “orizzontale” sono segnali di vano rigore, il film oscilla tra depressione e satira e regala, pronunciate seriamente, battute come: «Dopo la caduta del muro sto cercando di smettere di fumare». Generoso ma mal riposto l’impegno della protagonista Hannelore Elsner, e della sua doppiatrice Lucia Poli.
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