Regia di Roberto Benigni vedi scheda film
È nota la capacità di Benigni di trasformare in favola gli scorci di vita vissuta è sembra poi normale vedere tale capacità applicata alla favola vera e propria. Un Pinocchio casinista, a tratti eccessivamente, inscenato con ardore da un uomo che riesce sempre a tirare fuori il bimbo che (ognuno) ha nascosto in se. Nicoletta Braschi, l’amata consorte, disegnata come la buona fatina, non sembra far altro che interpretare il ruolo della moglie paziente che accudisce il proprio uomo, incapace di crescere e spesso vagante tra i sogni d’infanzia mai perduti. Non più pezzi di vita che diventano favole ma favole che sembrano racchiudere pezzi di vita. Un racconto concentrato dove si esalta, rispetto al precedente e preferibile film di Comencini, la figura del burattino, concentrandosi più sul rapporto con la fata turchina piuttosto che su quello con papà Geppetto, interpretato in modo poco incisivo, soprattutto se si pensa all’immenso Nino Manfredi, da un Carlo Giuffrè macchietta estrema di un personaggio da adorare. Di certo non la miglior opera di Benigni che si lascia andare al semplice gusto del gioco tralasciando la professionalità a cui è già poco dedito.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta