Regia di Roberto Benigni vedi scheda film
Benigni viene tratto in inganno dai suoi sogni di gloria e da ispirazioni deliranti, e realizza un film schematico che non ricrea la magia della favola di Collodi, ma la imita maldestramente e con distacco. Più che interpretare Pinocchio, sembra interpretare se stesso insieme al suo immancabile accento toscano.
Benigni, dopo "La vita è bella", ci riprova con Pinocchio.
Avrà forse pensato che questo suo nuovo film potesse riscuotere lo stesso successo?
Che ci abbia sperato o meno, stavolta le sue ispirazioni fanno cilecca rivelandosi deludenti e pretenziose. Di un altro livello, insomma. Come regista avrebbe potuto far di meglio, ma forse è stato tratto in inganno da intuizioni e idee sbagliate.
Questo suo Pinocchio è un'opera molto più semplice o, più appropriatamente, è l'ennesimo arrangiamento alquanto fedele della nota favola. Bisogna riconoscere che lo stile, alcuni contenuti e parte della sceneggiatura sembrano ricalcare un po' quelli del piccolo capolavoro animato di Giuliano Cenci.
Di certo non siamo di fronte alla migliore trasposizione cinematografica mai realizzata della storia del burattino di legno, non siamo quindi di fronte a un film da Oscar e non siamo neppure di fronte a un'opera furba e divertente come "Il mostro". Più semplicemente, questa volta, l'attore e regista toscano si preferissa l'obiettivo di ripercorrere la magia di una favola famosa - che ha già dato tanto in passato, cinematograficamente parlando - e lo fa in maniera ingenua e priva di originalità o inventiva.
Illustra la fiaba così com'è, senza alcun estro e virtuosismo registico. Tutto molto freddo, meccanico e scontato, con poca anima.
Il copione ha dei buoni dialoghi, ma è troppo schematico e non riesce a raccontare nulla di nuovo. Non reinventa nulla e non rianima dei personaggi di spicco di una storia ricca di morale.
Pinocchio può piacere o non piacere come favola, da questo anche dipende l'accoglienza del pubblico, ma è lo stile che può fare la differenza e in questo caso, purtroppo, l'assenza di un certo fascino e di fantasia penalizza l'opera.
Belle le scenografie e gli effetti speciali, ma il ritmo è fiacco, la magia non si percepisce e le interpretazioni appaiono inadeguate, fatta eccezione per i Fichi d'India, convincenti e piuttosto indovinati nei ruoli del Gatto e la Volpe, e per Carlo Giuffrè e Kim Rossi Stuart, che un pochino se la cavano.
Nicoletta Braschi, invece, a dir poco sopravvalutata dal marito, si rivela una Fata Turchina insipida, scialba e mielosa, e Roberto Benigni sbaglia modello... invece di interpretare Pinocchio, sembra interpretare se stesso, con tanto di accento toscano fuori luogo.
Il film è fedele nei propri intenti alla fiaba originale e fonde gioia, tristezza, ingenuità, sofferenza, pentimento, riscatto, etica, umorismo e avventura in uno scenario che rimane anonimo e a volte perfino noioso.
Peccato. Un'occasione mancata.
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