Regia di Daniel Algrant vedi scheda film
E' un film stanco che non riesce mai a decollare. Quando si spera questo avvenga - cioè con l'omicidio della ragazza - in realtà poi non accade, e la pellicola continua ad arrancare avanti senza riuscire ad assumere consistenza. Il regista è uno messo lì dalla produzione, con un blocchetto di appunti in mano e idee assai confuse su cosa debba essere il film.
Al Pacino si aggira per la scena apatico e fastidioso; forse - forse - con ciò vuole dar forma ad un personaggio di uomo annoiato e disilluso, ma finisce solo per esagerare con imbambolamenti e sguardi indifferenti. Il suo personaggio rimane indefinito e incerto, anche a causa di una sceneggiatura che non sa bene che pesci pigliare. Si ravvisa sicuramente la volontà di spezzare una lancia per i diritti della comunità nera negli Stati Uniti; di fatto però i riferimenti a questa realtà sono di maniera e senza forza. Poi si intravvede il desiderio di dire qualcosa sul mondo dei media, sui condizionamenti di personaggi influenti, sul dovere di avere coraggio e di battersi per la giustizia. Il tutto però è sfocato, inconsistente e finto, senza un briciolo di quella passione civile che avevano certi film americani degli anni '70 (anche di Robert Redford, qui produttore esecutivo).
In un ruolo secondario, c'è anche un bolso Ryan O'Neal. Se il grande Pacino fa cilecca, Kim Basinger, pur chiamata in una piccola parte solo per bella figura e per riempire un po' il film, paradossalmente è disinvolta ed efficace (nei limiti in cui è costretta). E forse è più bella qui che nei film che ha girato da giovane. Una piccola consolazione per una pellicola di cui si può arrivare alla fine non senza un po' di buona volontà.
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