Regia di Roger Michell vedi scheda film
Gavin e Doyle si tamponano con l’auto: Gavin, avvocato rampante, perde un documento di vitale importanza per il processo dove patrocina la difesa; Doyle, ex alcolizzato, arriva in ritardo all’udienza dove si decide la sua causa di separazione e si vede togliere l’affidamento dei bambini. Segue un’escalation di dispetti, ripicche e vendette (fino al tentato omicidio) distribuite nell’arco dell’intera giornata. Odissea da incubo nella giungla metropolitana, all’altezza di titoli quali Fuori orario e Un giorno di ordinaria follia: basta un episodio insignificante per scalfire la patina di legalità e formalismi che avvolge l’uomo civilizzato e trasformarlo in una belva (“Da stamattina ho abbandonato la scena di un incidente, ho rovinato un tizio che neanche conosco, ho mentito ai miei capi, ho dato un falso allarme in ufficio, ho scoperto che sono complice di truffa ai danni di un’opera pia e ora sto considerando molto seriamente l’idea di falsificare una procura”), prima di tornare contro ogni pronostico un essere umano, solo un po’ più furbo di prima (anche perché nel frattempo si è scoperto che il filantropo della cui eredità si discute in tribunale non era proprio uno stinco di santo). Le due vicende procedono parallele e fluiscono l’una nell’altra in eleganti montaggi alternati, forse con un filino di programmaticità (credo sia ciò che intende Mereghetti quando scrive che “la regia, anziché approfondire i personaggi, si affida alla tecnica”). Rabbiose interpretazioni di Ben Affleck e Samuel L. Jackson; stronzissimi Sydney Pollack e Richard Jenkins; Toni Collette fa il grillo parlante, William Hurt il buon samaritano e ad Amanda Peet bastano pochi minuti in scena per impersonare una lady Macbeth da applausi.
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