Regia di Emil Lotjanu vedi scheda film
I lautari sono una specie di mariachi messicani, dei musicisti ambulanti che vagano in gruppetti di villaggio in villaggio portando in giro le musiche del folclore moldavo. La vicenda si svolge appunto in Bessarabia, poi Moldavia, durante l'Ottocento, e narra la storia del lautaro Toma Alistar, violinista prodigio, e del suo amore inappagato per la bella zingara Ljanka, data in moglie dalla famiglia a un ricco gitano ungherese. Ovviamente la trama non è che un pretesto per parlare della vita in generale, e della vita di quel lembo d'Europa a cavallo tra Romania e Russia zarista di cui si è sempre saputo troppo poco. Il film di Loteanu, morto sessantasettenne a Mosca nel 2003, soffre di qualche lungaggine di troppo, nella miglior tradizione russa del cinema e della letteratura, e anche di qualche sbavatura furbesca, nel descrivere questo universo tragico, vitale e cencioso dei moldavi e degli zigani. Ci sono però scene che non si dimenticano e che riescono a commuovere al di là delle aspettative, come lo scambio di prigionieri in riva al fiume con il brigante Radu Negostin che si consegna all'esercito zarista in cambio del fratello, oppure i colloqui del protagonista con una madonna dalla faccia di Ljanka e vestita di un rosso quasi peccaminoso, mentre un'altra scena, quella della fustigazione di Toma e Ljanka, colpisce per la sua ambiguità, con la faccia della ragazza che subisce le frustate con sul volto un'espressione che non si capisce se sia di estasi mistica o di piacere orgasmico. Al film non giova, a mio modesto parere, la struttura a flashback, con quell'andirivieni confusionista tra passato e presente né qualche simbolismo di troppo (il lupo in gabbia, l'uccello rosso), però l'insieme è quello di un grande spettacolo che ha qualche eco della "Strada" e del "Gattopardo", di "Barry Lyndon" e di "La terra trema" (non sempre assumendone il meglio), ma con il retroterra del grande cinema sovietico e della letteratura tolstojana.
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