Regia di Alberto Pozzetti, Giorgio Ansoldi vedi scheda film
Cinquecento. Luisa viene sedotta e abbandonata dal nobile Giuliano; due fratelli della ragazza chiedono vendetta, ma vengono ingannati e uccisi. Tocca così a un terzo fratello, Marco, farsi giustizia da solo, affrontando anche il duca di Corvara, presso cui Giuliano ha trovato riparo.
Modestissima, ma non sgraziata, pellicola in costume con pretese di mero intrattenimento e nient'altro; il Cinquecento de Il capitano nero non sarà più di tanto approfondito, ma è sufficientemente credibile e le componenti fondamentali del lavoro - azione, (buoni) sentimenti, avventura - sono sbrigliate a dovere. Meglio evitare eccessivi riferimenti storici, devono aver pensato gli sceneggiatori Corrado Capparuccia, Alberto Consiglio, Ettore Maria Margadonna e Virgilio Sabel; e giustamente, in modo da appiattire i contenuti e renderli più facilmente digeribili a qualsiasi pubblico. Dei due registi poco si sa: quasi esordienti entrambi, si ritireranno entrambi molto presto dal cinema, dopo aver diretto un'altra opera - ma separati: La muta di portici (1952) per Giorgio Ansoldi e Tizio, Caio, Sempronio (1951), con Metz & Marchesi, per Alberto Pozzetti. Il cast è assemblato in maniera assennata, senza sfoderare grandi nomi, ma con volti ben selezionati: Marina Berti, Andrea Checchi, l'americano Steve Barclay, Marisa Merlini sono i nomi principali insieme a quello di Paul Muller, nell'occasione il cattivo: un buon apprendistato per uno dei ruoli che gli varranno maggiore popolarità, una ventina di anni più tardi: sarà infatti il luciferino direttore della Megaditta di Fantozzi. 3/10.
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