Regia di Laetitia Colombani vedi scheda film
Angélique ha un amore. È un medico, che non la vuole più, e lei si dispera. A mezz’ora dall’inizio del film, Angélique apre il gas e si lascia morire. Ma qui il film, letteralmente, si riavvolge all’indietro e riparte da capo. Stavolta però la vicenda è narrata dal punto di vista di lui, e le cose sono molto diverse. Veniamo a sapere che Angélique la storia d’amore se l’era sognata: matta da legare, aveva ossessionato il medico incolpevole, distruggendogli la vita. La scopriranno, la interneranno, e guarirà. O forse no. “Adele H.” iperdistruttiva? “Beautiful Mind” dei sentimenti? Più semplicemente, il film accentua il lato paranoico di “Amélie”. Se vengono in mente tanti riferimenti, non è un caso: la giovanissima Colombani è brava, ma come una scolaretta diligente. E il suo film ha un retrogusto sinistro: nel tempo dei Muccino e dei Jeunet, l’amour fou non ha più nulla di anarchico, e appare come patologia.
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