Regia di Galder Gaztelu-Urrutia vedi scheda film
Il "buco" è un passaggio che, in una sorta di carcere, collocato in località indefinità, in un prossimo futuro o presente alternativo, mette in comunicazione le celle, posizionate l'una sopra l'altra. Ogni giorno, il buco è attraversato da una piattaforma carica di cibi appetitosi e sostanziosi; i reclusi hanno diritto a mangiare solo una pietanza. I loro invisibili carcerieri non impediscono a chi è nei livelli alti di appropriarsi di altri cibi, ma ciò ne priva i prigionieri posizionati in celle sottostanti. A ciò provvedono, dunque, gli "Unti", misteriosi soggetti i quali fanno rispettare nella prigione questa semplice regola, un piatto per ogni recluso; ciò garantisce la sopravvivenza di tutti. A costoro si contrappongono i "Barbari", i quali spingono affinchè prevalga la legge del più forte ... O di quello posizionato più in alto. Sequel del thriller / horror "Il Buco" ed anch'esso diretto dal regista spagnolo Galder Gaztelu-Urruita, questo "capitolo secondo" narra in realtà fatti svoltisi in una linea cronologica antecedente. Immersi in un ambiente claustrofobico, i reclusi cercano di sopravvivere alla fame ed alla noia. La protagonista Perempuan, artista, è lì per sua scelta. Non ha impedito la morte di un bambino giunto molto vicino ad una sua installazione, rovinosamente caduta; è in cerca di redenzione, così come il suo primo compagno di cella, Zamiatin. Seppur a malincuore, i due rispettano la regola garanzia di sopravvivenza per i prigionieri. Del resto, i loro invisibili carcerieri possono essere spostarli, in un momento di incoscienza indotta da gas soporiferi, ad un piano inferiore; dalla loro posizone di relativo privilegio - poichè inizialmente si trovano molto in alto - potrebbero trovarsi in un livello "impossibile" Ma non tutti sono d'accordo; forze nichiliste e violente sono all'opera, per sovvertire l'ordine imposto da un ignoto "maestro"; ingozzarsi; uccidere con violenza. Perempuan, interpretata dall'androgina Milena Smit, attraversa l'orrore e trova sulla sua strada personaggi del prequel / sequel, Trimagasi e Goreng, con il quale sembra avere un legamee. Perempuan, giunge al più basso livello della prigione, ove vede un bambino; la sua presenza in tal luogo ha valore di simbolo. Essi - ne è presente uno anche nell'altro film della serie - rappresentano la rinascita, resa possibile dalle privazioni volontarie degli adulti. La storia di Perempuan si conclude con il sacrificio della donna; mette in salvo il bambino, rimane sul fondo del carcere, ormai redenta ma senza più alcuna possibilità di sopravvivenza. Chi ha visto il prequel / sequel del 2019 troverà in quest'opera le stesse scenografie ed atmosfere. Celle asettiche ospitano uomini e donne di varie età, vestiti con tuniche tutte uguali; anche un disegno sul muro rende particolare l'ambiente. I colori sono estremamente cupi, con l'eccezione delle vivande, le quali iniziano la loro discesa sulla piattaforma appetitosamente imbandite. Questo sequel mi ha un spiazzato ed in parte deluso. La mia domanda è : serviva ? Chi non avesse visto il primo episodio, difficimente potrà comprendere pienamente questo, essendo di relativo interesse la presenza di personaggi di cui apprendiamo la sorte nel film realizzato in precedenza. Per chi non è nuovo del "buco" ... la curiosità circa la natura e le regole della singolare prigione ha già trovato soddisfazione. La storia di Perempuan non brilla per originalità e si conclude in una deriva misticheggiante che lascia tuttavia limitato spazio all'immaginazione, essendo non molto diverso l'epilogo da quello del prequel / sequel. Abbondano, però, violenza, massacri, sangue; testimonianza delle conseguenze del fanatismo. Ma ce n'era - mi ripeto - veramente bisogno ? Ero scettico ad inizio visione, ma ho voluto concedere possibilità a questa nuova opera del regista spagnolo. Non so se farò altrettanto, qualora fosse realizzato un ulteriore episodio della serie.
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