Regia di Stefano Incerti vedi scheda film
Enrico Lucherini, che (quando vuole) a suo modo sa essere geniale, ribattezzò il film La vita come sviene. Dagli torto. Come mettere insieme un manipolo di buoni attori italiani e dimenticarsi di offrire loro una sceneggiatura almeno dignitosa. Affresco corale con tante piccole storie che si sfiorano senza mai invadersi, è un opus atipico nella carriera di Stefano Incerti, orientato diversamente se non meglio su altri lidi. Tra gli ultimi bagliori della spericolata carriera di Vittorio Cecchi Gori, è un tentativo di costruire un film alla Magnolia o alla Altman senza avere né i presupposti di Magnolia né l’abilità di Altman, finendo per essere la solita pappardella sulla borghesia (non se ne può più) e sul precariato esistenziale (quasi un alibi per certi autori).
Incerti è bravo, sa dove mettere la macchina da presa nonostante il passo sia talvolta da tv movie, e lodi a Pasquale Mari che illumina con livida intensità e a Paolo Buonvino che batte il ferro musicale con incessante inquietudine, ma all’ovest niente di nuovo. In un cast in cui tra attori che avrebbero potuto essere divi del nostro povero star system (Daniele Liotti su tutti), attori non ancora sbocciati del tutto all’epoca (Stefania Rocca, il pur mirabile Claudio Santamaria) e navigati quanto svogliati se non mediocri (Tony Musante e Stefania Sandrelli decisamente sotto tono e fuori parte), emergono le caratterizzazioni del sofferto Alessandro Haber e delle malinconiche Valeria Bruni Tedeschi e Lorenza Indovina. Pochino per un film che avrebbe dovuto (voluto) essere soprattutto un film d'attori.
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