Regia di Romano Scavolini vedi scheda film
Ambizioso, a tratti illuminante, ma più spesso inconcludente è il primissimo cinema di Romano Scavolini, che cominciò la carriera da regista piuttosto giovane, a 26 anni, con A mosca cieca; questo La prova generale è la sua seconda opera, che giunge a distanza di due anni dalla precedente e ne segue sostanzialmente le orme. Ma non formalmente, non più di tanto: se A mosca cieca scimmiottava lo stile godardiano nel montaggio schizofrenico e nei toni universalistici dei contenuti dei dialoghi, qui i dialoghi e le situazioni della sceneggiatura (del solo Scavolini) godono di un respiro più ampio, costruendo anche qualche sequenza compiutamente di fiction, più o meno significativa che sia, mentre il montaggio (Luciano Cavalieri) risulta senza dubbio maggiormente ancorato allo stile 'tradizionale'. Tornano in scena alcuni interpreti di A mosca cieca: Carlo Cecchi, Laura Troschel, Remo Remotti (tutti esordienti con Scavolini) e, in aggiunta, troviamo in questa pellicola una manciata di nomi degni (eccome) di nota quali quelli di Lou Castel, Leopoldo Trieste, Alessandro Haber (in un ruolino minuscolo), Guido Alberti. Musiche adeguatamente melodrammatiche di Egisto Macchi. Il nodo centrale del film, cioè la vita come rappresentazione, come messa in scena, è abbastanza chiaro; la dispersività della trama e l'incoerenza voluta con cui il regista costruisce i vari momenti della storia, però, tradiscono la ricerca di un'autorialità che ancora Scavolini non padroneggia appieno. 5/10.
Cosa ne sarà di noi? Perchè l'amore? Cosa si nasconde in un bacio? Cosa ci attende dopo la vita? Che significato hanno l'aborto, il sesso, la politica, l'omicidio? Come si consumerà la rivoluzione tanto attesa? Nel frattempo la vita scorre, come un'inarrestabile recita.
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