Regia di Romano Scavolini vedi scheda film
Rarovideo e Fuori Orario hanno recuperato alcuni registi dispersi, eccentrici e caduti nell’oblio. Uno di questi è Romano Scavolini, documentarista, direttore della fotografia e autore di un pugno di film pressoché invisibili. Nel ’66 esordisce con A MOSCA CIECA, censurato, boicottato, rimontato con titoli diversi, visto e apprezzato più all’estero che in Italia. Stesso discorso per LA PROVA GENERALE girato due anni dopo. Bisogna premettere che la visione del film è particolarmente ostica perché tutto è sperimentale. Lo stile, il montaggio e la recitazione, in totale assenza di un filo narrativo. Un gruppo di giovani girovaga per le strade, in set di film western, dentro appartamenti, in spiagge deserte parlando di futuro, di riorganizzare le loro esistenze in attesa di un’imminente rivoluzione. “…ormai le persone, gli oggetti, le architetture, i consumi e le stesse relazioni umane sono trasferite nel corpo delle immagini ma sono prive di verità”. Le domande sul perché delle carestie, delle guerre e dell’uso delle armi si alternano ai loro tormenti interiori e relazionali. Una sorta di “teatro situazione in movimento”. Monologhi, citazioni letterarie e filosofiche, sociologia, silenzi, scene mute e simbolismi astratti. Cinema a sé stante quello di Scavolini. L’unico motivo che lo rende ancora curioso è il cast assai eterogeneo: nei panni dei giovani protagonisti si riconoscono Carlo Cecchi (già carismatico protagonista del precedente A MOSCA CIECA), Alessandro Haber e il magnetico Lou Castel. Appaiono brevemente anche alcuni caratteristi molto noti all’epoca come Gigi Ballista, Guido Alberti e Leopoldo Trieste. Significativo il cammeo di Frank Wolff (SALVATORE GIULIANO, IL PROCESSO DI VERONA, MILANO CALIBRO 9) con barba e ricci rossi (proprio come appariva nel coevo C’ERA UNA VOLTA IL WEST), il quale recita non doppiato (come lo sono invece gli altri) la parte di un finto cieco.
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