Regia di Mario Camerini vedi scheda film
E' un compatto e vigoroso dramma di guerra, ma della guerra nelle retrovie, e poi della Resistenza. Al centro vi è il tema del collaborazionismo, che spesso non era un appoggio dato ai tedeschi per convinzione ideologica, ma una scelta frutto di calcolo e di opportunismo, che portava con sé pesantissimi compromessi con la propria coscienza. Il collaborazionista del film è infatti interessato unicamente ai vantaggi economici (effimeri e temporanei) che gli dà la sua attività, e finisce per calpestare tutto il resto: affetti, amore, e ogni sentimento di lealtà e giustizia. Davvero buona la prova della Calamai, che si rivela versatile e - devo dire - molto simpatica. Camerini, spesso regista di commedie, è qui in piena forma col genere drammatico e rende molto bene il clima di oppressione e vessazione dato dall'occupazione, come pure trovo fatte bene tutte le scene tra i partigiani che iniziano ad organizzarsi. L'unico elemento che mi ha lasciato perplesso è il gesto teatrale del personaggio della Calamai, che giunge inaspettato e che, secondo me, rimane piuttosto problematico dal punto di vista morale. Azzardo l'ipotesi che ciò forse fosse intenzione del regista, che in tal modo probabilmente intendeva mettere sul piatto della bilancia del bene e del male, del giusto e dello sbagliato, tutte le numerose vendette private che si verificarono in Italia prima della fine, ma soprattutto dopo la fine della guerra.
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