Regia di Enzo Di Gianni vedi scheda film
Il barone siciliano Fifì è rimasto due volte vedovo e sempre in circostanze sospette; quando sceglie come terza sposa la ballerina Marisa, però, nel paesino si scatena un nuova, violenta faida destinata a coinvolgere anche lo stesso barone.
Tiberio Murgia non ha avuto molti ruoli di primo piano nel cinema; in questo Divorzio alla siciliana è il protagonista e fra mossette, tic e accento ben calcato, dà vita a una macchietta simpatica, per quanto non particolarmente memorabile, attorno a cui gira l’intera trama. Il problema principale della pellicola è in effetti la scarsa originalità, il suo adagiarsi su stereotipi e situazioni già viste, tra un certo maschilismo imperante e una descrizione ben poco politically correct dei siciliani, tutti gelosi e malavitosi; la sceneggiatura di Enzo Di Gianni e di Ernesto Gastaldi è poca cosa, ma va riconosciuto che offre un’ora e mezza di risatine senza complicazioni in un intreccio sì, banalotto, ma nei suoi limiti funzionante, con tanto di colpo di scena conclusivo. La vera arma in più del film sono gli interpreti, tutti pescati fra seconde e terze linee del nostro cinema, ma indubbiamente eccellenti per il contesto: Ernesto Calindri, Moira Orfei, Memmo Carotenuto, Gina Rovere, Nino Terzo, Aldo Bufi Landi, Luigi Pavese, Saro Urzì, Gianni Agus, Carlo Taranto e, in un cameo canoro, Johnny (accreditato come Jhonny) Dorelli. Di Gianni girò una decina di film in un paio di decenni, galleggiando tra operine popolari come melodrammi e commediole; questo è probabilmente il suo titolo più apertamente comico. 3/10.
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