Espandi menu
cerca
No Other Land

Regia di Yuval Abraham, Basel Adra, Hamdan Ballal vedi scheda film

Recensioni

L'autore

paolo23Cine

paolo23Cine

Iscritto dal 10 febbraio 2023 Vai al suo profilo
  • Seguaci 1
  • Post -
  • Recensioni 10
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su No Other Land

di paolo23Cine
8 stelle

No Other Land film e Laboratorio Palestina libro

 

In questi giorni Francesca Albanese relatrice speciale dell’ONU per i diritti umani nei territori occupati - che come il bellissimo film “No other land” trova in Italia poche sale che ospitino le sue conferenze sulla questione Israelo Palestinese - ha lanciato l’invito a leggere il libro :”Laboratorio Palestina” di Antony Loewenstein. Il sottotitolo è “Come Israele esporta la tecnologia dell’occupazione in tutto il mondo”. Il film No Other Land (miglior documentario al Festival di Berlino 2024) nasce dalla collaborazione tra l'avvocato e giornalista palestinese Basel Adra, il fotografo e agricoltore palestinese Hamdan Ballal, il giornalista investigativo israeliano Yuval Abraham e la direttrice della fotografia israeliana Rachel Szor , e ci mostra filmati che documentano quattro anni di violente azioni militari, atte a realizzare l’evacuazione forzata dei palestinesi da Masafer Yatta, nella parte meridionale della Cisgiordania occupata, e dai villaggi agricoli vicini. Le case, i gabinetti, le scuole, il piccolo parco giochi, i pozzi, i pollai, i recinti di pecore e capre vengono abbattuti, poi ricostruiti di notte e riabbattuti ancora senza soluzione di continuità. Quella terra deve essere evacuata perché per legge Israele l’ha dichiarata “zona di addestramento militare”.

 

Nel libro “Laboratorio Palestina”, organizzato in sette capitoli, si documenta il processo di specializzazione militare tramite il quale il sionismo ha realizzato in questi ottant’anni il programma di annessione militare scaturito dalla famosa affermazione: “Una terra senza un popolo per un popolo senza terra”. Le armi di distruzione che vediamo più spesso in azione nel film non sono quelle supertecnologiche prodotte da Elbit, la più grande fabbrica di armi israeliana, ma sono semplici bulldozer e ruspe. Anche queste azioni però si inseriscono in un protocollo che come altri funge da esempio di controllo militare esportabile ovunque nel mondo. Il libro documenta similitudini e accordi militari in atto da decenni tra Israele ed altri stati

 

 

SUDAFRICA La nazione che per prima si è adoperata per denunciare come Genocidio la risposta militare su Gaza dopo il 7 ottobre è stato – non a caso - il Sudafrica, che ha avuto esperienza di apartheid. Nel libro di Antony Loewenstein vengono raccontate le collaborazioni tra Israele e gli Afrikaner (pag 156), affratellati dalla stessa ideologia di “popolo scelto”. Scriveva Ronnie Kasrils, ex ministro dei servizi di intelligence dell’ African National Congress dal 2004 al 2008: “ … i coloni afrikaner diffusero il mito che nel Sudafrica non c’erano neri quando iniziarono a stabilirsi lì nel XVII secolo.” Negli anni 70 il premier Yitzahak Rabin invitò il premier Sudafricano John Vorster, ex simpatizzante nazista, al giardino dei Giusti di Yad Vashem. Per venti anni sono stati attivi accordi segreti con scambi militari, formazione degli uomini e commercio di armi e tecnologie, anche nel settore del know-how nucleare. Israele ignorò l’embargo del’ONU sulle armi al Sudafrica nel 1984. L’ambasciatore israeliano a Pretoria Alon Liel magnificava la collaborazione tra i due stati, affermando che Israele si era inspirato al regime di apartheid. La situazione in Cisgiordania, dove oggi ci sono circa 165 enclaves , si è ispirata ai bantustan di cui Ariel Sharon era un noto ammiratore. (I bantustan del Sudafrica, aree dove i residenti neri vivevano senza alcuna autonomia).

 

 

INDIA Un altro paese che ha affinità con l’azione repressiva di Israele è l’India. Vittima ne sono dal 1947 le minoranze musulmane del Kashmir. I kashmiri usano il termine “intifada” per descrivere la loro lotta decennale. L’India di Modi dal 2015 al 2020 è stata il primo importatore mondiale di armi da Israele, che in quegli anni era l’ottavo esportatore al mondo. I droni Heron volano sia sui Territori occupati che sul Kashmir. E non c’è solo il Kashmir; nel 2022 il governo indiano ha demolito con i bulldozer le case dei musulmani dell’Uttar Pradesh definite illegali. Mentre nel ‘38 Ghandi aveva dichiarato che la Palestina apparteneva agli arabi, l’India dagli accordi di pace di Oslo nel 1990 fu sempre più interessata alle armi Israeliane. Nel 2003 Sharon firmò con l’India un patto di cooperazione contro il terrorismo. I nazionalisti indù ammirano Israele e sono felici che la loro polizia vada ad istruirsi militarmente in Israele.

 

CINA Human Rights Watch ha fatto notare le somiglianze tra le repressioni che subiscono i palestinesi e a quella a cui sono soggetti dodici milioni di uiguri nello Xinjjang. Israele e Cina hanno il medesimo interesse a reprimere le minoranze, dopo Tiennammen nel 1989 Israele vendette armi alla Cina violando l’embargo. Oggi Magal Security System israeliana costruttrice delle barriere high-tech lungo il “muro di separazione” vende sistemi di rilevamento per gli aeroporti cinesi.

 

USA-Messico L’azienda israeliana Elbit ha avuto un contratto da 700 milioni di dollari per istallare torri di sorveglianza al confine, l’esperienza in Palestina fa da promozione, nel 2020 Trump cercò di erigere anche un muro e furono arrestati numerosi attivisti indigeni. Tra il 2021 e il 2022 sono morte in questo tratto almeno 750 persone. Arizona e Palestina sono entrambi terreno di sperimentazione e di vetrina internazionale per queste tecnologie di frontiera, dal 2022 si stanno sperimentando robot di frontiera sia a Gaza che in Messico. Trump appena rieletto il 21 gennaio 2025 ha firmato decreti di espulsione di massa de migranti messicani.

 

Fra pochi giorni il 27 gennaio ci sarà la giornata internazionale dedicata alla Shoah, il genocidio degli ebrei ma nel libro di Loewenstein si ricordano le collaborazioni israeliane con stati responsabili di altri genocidi e si ricordano i non riconoscimenti di genocidi da parte di Israele. Primo fra tutti il genocidio degli Armeni che gi USA con Biden hanno riconosciuto solo nel 2021, per ritorsione nei confronti della Turchia che aveva acquistato sistemi d’arma dalla Russia, ma che Israele continua a non riconoscere. Il libro documenta come Israele nel 1994 inviò armi agli Hutu in Ruwanda responsabili dell’uccisione di 800.000 Tutsi. Come dal 1980 al 1984 armò Pinochet sostenendo la dittatura militare violando l’embargo. Negli anni 1950-60 sostenne lo scià di Persia comprando segretamente ingenti quantità di Petrolio da Teheran. Tra il 1968 e il 72 l’Iran acquistò mortai e attrezzature radio relazionandosi con la premier Golda Meir. Dal 1965 all’89 intrattenne relazioni amichevoli con Ceausescu in Romania che votò a favore di Israele dopo la guerra dei sei giorni. Haiti di “Papa Doc” Duvalier ricevette tra il 1957 e l’86 veicoli blindati, mitragliette Uzi, sistemi per gli aerei. Vennero uccisi tra le 30 e i 60.000 persone. Dopo il 1967 Israele siglò accordi con la dittatura del Paraguay paese che ospitò criminali nazisti in fuga compreso Mengele. Il progetto era trasferire 60.000 palestinesi di Gaza in Paraguay, per fortuna non si realizzò. La brutale famiglia Somoza governò il Nicaragua dal 1936 al 79 e Israele armò il regime fino alla fine. Israele collaborò l’Argentina che sotto Jan Peron ospitò nazisti come Eichman e la cui giunta militare dal 1976 al 1983 fece sparire 30.000 persone. Insieme agli Stati Uniti negli anni 1970-80 fornì copertura militare diplomatica e ideologica al regime genocida in Guatemala in cui vennero uccise circa 200.000 indios maya. Nel 2013 il dittatore Rìos Mont fu condannato per genocidio da una corte guatemalteca. Il 6 dicembre 1982 nel piccolo villaggio di Dos Erres vennero uccise 30 persone. Nel 1996 indagini balistiche trovarono proiettili dei fucili Galil israeliani. Molto spazio nel libro è dedicato all’Europa che è diventata il più grande partner commerciale di Israele dal 2020 da cui importa il 30% dei traffici. Il Bilancio di Frontex nel 2021 è stato di 542 milioni di euro. L’UE si è impegnata a spendere 34,9 miliardi per la gestione delle frontiere dal 2021 al 2027. Frontex ha dismesso la flotta di navi nel mediterraneo ed opera solo con i droni che di fatto non salvano vite umane. Collabora con Windward per monitorare digitalmente il traffico marittimo. La società israeliana di sorveglianza Cellebrite ha venduto dispositivi per l’estrazione di dati digitali ad almeno 150 paesi dalla Russia al Bahreim. Il controllo dei telefoni cellulari è la loro specialità, la cyber-ingerenza un primato.

 

Nel film No other land proviamo empatia per il giovane Basel che fin da bambino è immerso in un quotidiano di resistenza alle violenze dei soldati. Un bambino che ammira il padre per la tenacia e la capacità di ripresa, nonostante gli innumerevoli arresti, un ragazzino poi che imbraccerà la telecamera come arma per documentare gli abusi e farne denuncia confidando nei social. Proviamo empatia anche per Yuval il giornalista ebreo che si scandalizza di ciò che vede e vorrebbe, con urgenza, raggiungere con i suoi servizi i suoi concittadini per spingerli all’indignazione. In lui si rispecchiano le emozioni di tutti noi che siamo stati in Palestina in viaggi di solidarietà o che abbiamo partecipato ad azioni di interposizione nonviolenta per accompagnare i bambini a scuola o gli agricoltori nei campi. Come lui abbiamo imparato dai palestinesi il “Sumud”, la resilienza che è diventata pratica di terapia collettiva ai traumi continui. Nel film vediamo in azione i soldati e le soldatesse dell’esercito israeliano, molto decisi e imperturbabili nell’eseguire gli ordini ricevuti.

 

E’ in circolazione nelle sale in questi giorni anche il film “Innocence” del regista israeliano Guy Davidi già autore del pluripremiato “5 broken cameras”. L’ho visto ad una proiezione organizzata da Amnesty a Morbegno, nella sinossi si dice: racconta la storia di coloro che in Israele sono stati costretti a prestare servizio militare contro la propria identità e i propri valori. Chi è morto in servizio non è riuscito a raccontare la propria storia, se non attraverso le pagine di diari tormentati. Il film affronta il tema della militarizzazione e del suo impatto sulla vita dei giovani israeliani, intrecciando la narrazione con i rari video casalinghi che i soldati si sono lasciati alle spalle e con video di addestramento. Il film è frutto di 10 anni di lavoro e come No other land alterna video amatoriali dell’infanzia raccontando la storia di Zohar bambino israeliano, anche lui con un padre ammirevole, cresciuto in un Kibbutz con genitori di sinistra che però dovrà affrontare tutta l’ingerenza dell’educazione militare nella sua vita, a partire dall’asilo, alle scuole elementari e via via fino all’arruolamento di tre anni nell’esercito. Anche per lui il trauma sarà continuo ma lo devasterà perchè ma non ha a disposizione gli strumenti di guarigione che i bambini palestinesi hanno ormai da 100 anni nel loro dna. Il trauma è aggravato dalla mancanza si solidarietà dei suoi amici e compagni di scuola. Ho trovato più doloroso questo film di quanto mi abbiano turbato le violenze in No other land. Forse perché nei ragazzi palestinesi e nel film la speranza non muore mai, mentre per i giovani israeliani nel momento in cui riescono a prendere coscienza del clima di odio nel quale crescono, vedono innanzi a sè un futuro con poche vie d’uscita.

Per una recensione dettagliata sul film vi consiglio la lettura dell’articolo di Alessio Zuccari a questo link https://www.today.it/vision/cinema/no-other-land-recensione.html

 

vi suggerisco anche la visione dell’intervento in video da Ramallah di Luisa Morgantini in occasione della proiezione al cinema Beltrade di Milano https://www.youtube.com/live/-0fTpTmW4b8?si=08bK9tSvmDghEgkJ

 

Paolo Rizzi

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati