Regia di Mimmo Calopresti vedi scheda film
Questo film non e' perfettamente riuscito dal punto di vista stlistico come altri di calopresti ma è molto interessante ed ha uh fascino particolare.Mi ha colpito molto per il tema trattato e i tanti spunti che comunque si possono trovare.Il film segue la crisi di un uomo e il percorso interiore duro, durissimo che dovra' compiere per tirarsene fuori.Non era facile riuscire a gestire questa materia ma secondo me Calopresti c'è riuscito abbastanza bene.La depressione,il senso di disorientamento nei confronti della realta'sono ben descritti anche se non sempre in maniera chiara.Credo che il titolo così apparentemente in contrasto con la crudezza del film e dei passaggi che il protagonista dovra' affrontare significhi che la felicita' non è un obiettivo, un porto dove arrivare ma uno stato d'animo causato da un cambiamento interiore.Cambiamento che è personalissimo perchè consiste in un movimento morbido che porta ad emergere i nostri unici, reali bisogni.Speso invece(quasi sempre!) siamo schiacciati dal peso di interpretare un ruolo e incarnare delle aspettative che non sono nostre. La felicita' non si trova all'esterno,nelle cose ma dentro l'anima.Il belo del film è che rappresenta questa crisi non come una fase passeggera da cui guarire più in fretta possibile per ricominciare da capo ma come un passaggio necessario.Forse questo da il senso del mistero e del suo fascino perchè è un film che parla del buio, del nostro buio che vorremmo eliminare senza sapere che dentro quel buio non c'è solo solitudine e disperazione ma anche la sorgente del cambiamento.Ma un cambiamento può avvenire solo se non si cerca un cambiamento meccanico, a scatti tipo quello dell'interruttore ma si acccettano le proprie fragilità e lo star male.All'inizio,il buio immobilizza ogni possibilita' di azione e di pensiero, ogni risorsa interna del protagonista che infatti cade nel vuoto.La ricerca di verita' assoluta e' il primo segnale di un cambiamento avvenuto all'interno di cui lui stesso ancora non si rende conto,come pure il senso di onnipotenza provato nella corsa nel parco o l'idea di farcela da solo che non gli permette di fidarsi nemmeno dell'analista. Inoltre,il film secondo me fa capire anche un'altra cosa e cioè che tutti possiamo cadere nel vuoto prima o poi e nessuno né gli amici,né i compagni o i figli potranno farci da rete in quel momento.Al massimo potranno con aria di supponenza o sgomento domandarsi che fine abbiamo fatto.Perchè in realtà nessuno può dire di conoscere veramente un altro.
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