Regia di Franco Zeffirelli vedi scheda film
Zeffirelli era amico della divina Maria. Piuttosto intimo. D’altronde è stato non di rado il suo regista, e dio solo sa quanta fiducia ripongano le dive in certi registi: si sentono in buone mani, e non cercano altro. Ma erano le mani migliori quelle di Zeffirelli per immortalare il percorso artistico crepuscolare della Callas? Era giusto lui, proprio lui, per raccontare il viale del tramonto della signora della lirica? Non dovrebbe esserci una sorta di distacco, una giusta distanza tra dietro la mdp e davanti la mdp quando si tratta con materiale sensibile come un biopic? Sarà, fatto sta che dai tempi di Un tè con Mussolini, Zeffirelli ha acquisito uno stile meno intollerabile. Esterofilo quanto mai, convinto tenacemente della sua “idea” di cinema, realizza un film non eccessivamente zeffirelliano in cui si propende per la strada illusoria rispetto a quello cronachistica. Il film, certamente, non è un capolavoro, ma non si può non rimanere incuriositi: pomposo quanto si vuole, è al contempo sommesso e “ragionato” con sentimento. Tono melodrammatico, ovviamente, è un film sulla morte che attende ma che non compare mai sotto forma di finto-fantasma tetro come in Amadeus, altro film sull’attesa della fine. Non resterà nella storia, ma è un film dolce che anche il più acerrimo detrattore di Zeffirelli (che qui trova pane per i suoi denti) non può non segnalare come interessante, almeno nel principio. Si può discutere finché si vuole, ma la scelta di Fanny Ardant non è male. E poi c’è la voce della Callas: quella sì che resterà forever.
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