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L'imbalsamatore

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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La recensione su L'imbalsamatore

di cheftony
8 stelle

Io ti ho fatto una semplice domanda. Ho detto: «Come dobbiamo fare con la ragazza?». Come dobbiamo fare significa che c'è un problema e dobbiamo risolverlo. E non credo che tu, andando via con la ragazza, il problema si risolve! Cioè, se avete bisogno di tempo… una settimana, altri quindici giorni, un mese: non è questo che ci guasta la vita.”

 

 

Peppino Profeta (Ernesto Mahieux) è un tassidermista che esercita con classe la professione nel paese costiero di Castel Volturno, luogo piagato in molte attività dalla camorra. Peppino è un nano, ma è un nome ben noto nell'ambiente e possiede doti affabulatorie non comuni, che gli consentono di attirare l'attenzione di Valerio (Valerio Foglia Manzillo), un bel ragazzone in visita allo zoo.

In necessità di assumere un aiutante, Profeta convince Valerio ad abbandonare la professione di cuoco in un piccolo ristorante e ad abbracciare quella di imbalsamatore; quello che inizia come un apprendistato, per Valerio diventa presto una convivenza, dal momento in cui si fa coinvolgere dal mentore in una condotta notturna piuttosto allegra, che lo porta ad abbandonare il già decimato nucleo familiare per chiedere ospitalità proprio a Peppino. L'equilibrio fra i due è sottilmente instabile: se da un lato Valerio è molto grato all'uomo che gli sta insegnando un mestiere affascinante e ben retribuito, dall'altro Peppino sa di esercitare sul giovane un forte ascendente, di cui potenzialmente approfittarsi anche su un piano più intimo.

Durante un viaggio dei due imbalsamatori a Cremona, dove Profeta ha un altro piccolo incarico da tassidermista per conto della camorra che lo tiene in scacco, avviene l'incontro con Deborah (Elisabetta Rocchetti), segretaria in una carrozzeria. Licenziata dal titolare, Deborah adocchia Valerio e nasce qualcosa: la ragazza si unisce per il ritorno al sud, scatenando la gelosia di Peppino e rompendo i fili che a stento tenevano in piedi l'equivoco rapporto…

 

 

L'imbalsamatore” è il quarto lungometraggio di Matteo Garrone, giunto al suo primo grande acuto dopo una bella gavetta; l'esordio era avvenuto con un corto, “Silhouette”, premiato al Sacher Festival di Nanni Moretti e successivamente implementato nel primo lungometraggio “Terra di mezzo”, interessante documentario “adattato” di periferia, mosso dall'interessamento del giovane (e borghese) Garrone per le condizioni di sfruttamento degli stranieri.

Dopo aver proseguito il suo percorso con “Ospiti” e “Estate romana” (alterno omaggio al piccolo teatro underground), nel 2002 il regista romano prende spunto dal caso di cronaca nera relativo a Domenico Semeraro, “il nano di Termini” che riempì le pagine dei giornali nel 1990. Garrone continua dunque a raccontare storie di persone, ma le converte stavolta in personaggi arricchiti di sfumature, al servizio di dialoghi finalmente elaborati e di una trama solida e intrigante: l'impossibile attrazione di un nano ambiguo e capzioso per un adone ingenuo e combattuto, tanto eterosessuale quanto eterodiretto, si ritrova inappagata e lacerata dopo mesi e mesi di subdolo lavoro alle calcagna. Il desiderio non è teso a soddisfare l'omosessualità in sé, bensì a soddisfare il possesso su un individuo annullato e perfettamente plasmato, proprio come gli animali che Peppino Profeta imbalsama di professione, rendendo eterni e statuari i loro corpi morti.

Girato fra gli ecomostri sul mare di Villaggio Coppola e la nebbia di Cremona, “L'imbalsamatore” si avvale della fotografia di Marco Onorato, usuale collaboratore di Garrone prematuramente scomparso; di fondamentale importanza qui il suo apporto, che gioca sul contrasto fra esterni luminosissimi e interni divorati dal buio. Ottime anche le musiche della Banda Osiris, eclettico contraltare del sonoro in presa diretta che è eredità del lo-fi da cui proviene Garrone, la cui regia diventa invece decisamente raffinata, fra carrellate laterali sontuose e brillanti cambi di prospettiva.

Certo, posto che il bel Valerio Foglia Manzillo è un modello senza esperienze sul set e che la Rocchetti ha qualche limite recitativo, va ammesso che “L'imbalsamatore” non sarebbe stato lo stesso film senza Ernesto Mahieux, fin lì poco noto interprete del teatro napoletano, assai piccolo di statura ma interprete gigantesco: il suo Peppino Profeta è un personaggio suadente, perfido, memorabile.

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