Regia di Riccardo Freda vedi scheda film
Un melodramma storico realizzato come un affesco da Riccardo Freda che nel 1956 scoprì il Cinemascope e se ne entusiasmò. Spettacolare ma ci si può anche commuovere. Il regista comunque ebbe a definirlo, molti anni dopo, un peplum: probabilmente per l'eccezionalità della fotografia, del colore, nonchè dei geniali "trucchi" dell' amico Mario Bava.
BEATRICE CENCI (1956)
Beatrice Cenci, chi era costei? Quel che sembra certo è che 420 anni fa (nel settembre del 1599) aveva appena 22 anni e venne decapitata essendo stata giudicata colpevole, insieme ad altri, della morte del padre. Sul fatto che fosse davvero colpevole o no e su chi fossero i corresponsabili di quell'omicidio (se omicidio fu, questo però sembra assodato) credo siano legittimi dubbi ancora oggi. Altra cosa che sembra "storica" è che i processi relativi a questo caso fecero molto clamore all'epoca e che il "popolo" era in buona parte a favore di lei, dalla qual cosa nel tempo Beatrice Cenci diventò una celebrità.
con Mireille Granelli qui Fausto Tozzi (Olimpio Calvetti)
Certo, se a giudicare, invece della "santa" Inquisizione, fosse stata una giuria popolare quella fanciulla (e forse non solo lei) sarebbe stata assolta, vuoi perchè pare fosse assai graziosa vuoi perchè il deceduto era notoriomente un cattivo, vizioso, violento, crudele, davvero un brutto soggetto.
E allora, già al minuto 5, quando costui entra in scena, ti chiedi come sia stato possibile sceglierne come interprete Gino Cervi, che, pur sempre bravo e carismatico, non può non apparire simpatico com'è sempre stato in ogni suo ruolo, fin dagli anni '30 quando era un paffuto attor giovane e poteva, proprio per questo, quasi passare per belloccio. Figurarsi nel 1956: questo non è l'odioso Messer Francesco Cenci, anche il suo modo di recitare, così naturale, moderno vorrei dire, ce lo suggerisce: è Il sindaco Peppone (di cui non ha ancora smesso i panni ) quando fa il burbero, lo scorbutico!
Però a ripensarci una spiegazione c'è; agli artefici del film non fa gioco calcare la mano sulla negatività del personaggio, perchè si possa anche considerare plausibile la tesi alternativa: nessun omicidio, caduta accidentale da un balcone. Dice Riccardo Freda nel 1994: " È più interessante filmare un'innocente che una criminale. Io e i miei sceneggiatori eravamo d'accordo: l'eroina doveva essere innocente perché si sviluppasse il dramma e l'emozione dominasse il film dall'inizio alla fine."
Ed infatti, come sottolinea il coutente LorCio nel chiudere la sua recensione, "...nelle sequenze del processo e pur nella consapevolezza del finale, si spera di vedere salva la povera Beatrice. Quando accade una roba del genere non si può che applaudire alla maestria dell’autore, che qui infila il suo film più commovente."
Non sono in grado di confermare, non conosco molte opere di questo apprezzatissimo regista italiano, qui alle prese per la prima volta col Cinemascope. A me sembra che egli voglia prima di tutto rendere questa tragedia storica uno spettacolare melodramma e ci riesca in gran parte per l'uso del colore. Questa impressione la si ha fin dalle prime immagini, a proposito delle quali Bertrand Tavernier nel 1993 scriveva: "Sequenza d'apertura magistrale, dove Freda fa cozzare i colori, il blu della notte, dell'acqua, il giallo di un vestito o di una torcia dove egli si impadronisce dello spazio con la stessa violenza folgorante che spinge i suoi personaggi verso il loro destino".
Sono poco più di 4 minuti compresi i titoli e una scritta "Nel 1598, la famiglia Cenci, abbandonando i fasti della vita romana, si era ritirata al confine degli Abruzzi, nel castello della Petrella.", il tutto immerso nel blu intenso di un panorama notturno, luce quel tanto che basta per vedere il bianco e il giallo di un vestito femminile, una ragazza spaventata che fugge, corre disperata in un bosco, inseguita tra gli alberi da un cavaliere, il rosso e il blu spiccano sotto il suo mantello scuro, lei cade svenuta sulle rocce accanto all'argento di una cascata. Lui la prende in braccio e si dirigono a cavallo verso il castello che spunta dall'oscurità. Mi sono detto subito: qui c'è la mano di Mario Bava...
Ed invece no: il direttore della fotografia (splendida) è tal Gábor Pogány, nome a me sconosciuto ma, ho poi appreso, assai famoso (oltre 150 film al suo attivo). Davvero Bava non c'entra? C'entra eccome, è lo stesso Freda a dircelo: "... Ho riflettuto anche sui costumi, gli abiti di Beatrice fanno parte del dramma. Sono una mescolanza di colori violenti che incitano Cenci a commettere il suo crimine e di pastelli che evocano il candore e il pudore di Beatrice. Le scenografie di Arrigo Equini e i trucchi di Mario Bava sono molto importanti. Bava non è citato ma ha partecipato al lavoro delle scenografie e degli effetti speciali. Questi trucchi rivelano un artista autentico. Il Cinemascope, per me, è un formato magnifico e mi ci sento a mio agio. Ho cercato più che mai di ottenere delle composizioni nello stile di Carpaccio, che non esitava ad usare tele di venti metri di larghezza. Ma nessun critico ha mai visto questo mio rapporto diretto con la pittura italiana". (*)
Chiudo qui, avrei altro da aggiungere - non ho neppure citato alcuni interpreti importanti - ma spero di aver già indotto qualcuno dei lettori a vedere questo film. Non sono più abituato alle opinioni lunghe.
https://www.youtube.com/watch?v=aDILSIw0RIQ
Un saluto da
cherubino,
20.10.19
(Micheline Presle non molto tempo fa: Oggi ha 97 anni: Auguri per il secolo!)
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(*) Post scriptum
A proposito di rapporto con la pittura italiana, mi sovviene ora d'aver letto di famosi artisti dell'epoca che assistettero all'esecuzione conseguente alla morte di Francesco Cenci e ne sarebbero stati influenzati nella creazione di loro dipinti.
Premesso che ... ATTENZIONE! - potrebbe costituire SPOILER, se non del film della vicenda storica - ... per chi sia interessato ecco il link di un articolo di qualche anno fa:
http://svirgolettate.blogspot.com/2013/09/la-storia-di-beatrice-cenci-la-donna.html
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