Regia di Peter Gilbert vedi scheda film
Questo film è strutturato così: una scenetta di dialogo, una scenetta di intervallo musicale con canzone e momento intimo; una scenetta di dialogo, una scenetta di intervallo musicale… Una costruzione ricca. Due amiche per la pelle fin da bambine seguono un corso di danza: la biondina vuole entrare in una scuola top, la morettina le sta a fianco, come un’ombra. Ma poi alla biondina diagnosticano un cancro, e tutto si sfascia. Spingesse su qualche pedale (melò, comica, demenza, drammone, fotoromanzo), si potrebbe anche mandare giù. Ma è talmente scipito che sembra lavato nell’amido. D’accordo, ci si sganascia alle battute pronunciate con una seriosità da messa; però che fatica, che pena, che tutto. L’amica bruna è come se fosse appena uscita dal cast di “Mamma Ebe”; la protagonista ha una faccia da maria pentita che suscita sentimenti opposti alla commozione o partecipazione. I maschietti sono fatti con gli stampini; le femminucce idem. Scarti da home. Da noi arrivano in sala con un lancio super, sull’onda marcia di” Save the Last Dance” (successivo a” A Time for Dancing”, peraltro). Miracoli del terzo millennio.
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