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About a Boy. Un ragazzo

Regia di Paul Weitz, Chris Weitz vedi scheda film

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La recensione su About a Boy. Un ragazzo

di FilmTv Rivista
8 stelle

«Ogni uomo è un’isola. E per di più questo è il momento giusto per esserlo», e parte la lista delle cose (satellite, dvd, internet, carta di credito…) che permettono a un single quarantenne, ben vestito e di bell’aspetto, che campa di rendita con i diritti dell’unica canzone di successo che suo padre scrisse negli anni ’50 (la sdolcinata natalizia “Santa’s Super Sleigh”, riecheggiante ogni anno all’approssimarsi delle feste), di vivere felice perfettamente solo, a parte le numerose, transitorie conquiste femminili, e soprattutto senza nessun coinvolgimento. Finché non arriva un ragazzino di 12 anni perfettamente estraneo e completamente infelice a esigere il suo aiuto. «E dire che non voglio neppure portarmi a letto sua madre!», sbotta Will, il protagonista di “Un ragazzo”, tratto dal romanzo di Nick Hornby. Il libro di Hornby è acuto, disincantato, capace di trasmettere quel senso di affettuosa complicità che, quasi per caso, lega tra loro le solitudini e le crisi diverse di alcuni umani sparsi e di varia età, rappresentativi delle monadi metropolitane. Come dice Marcus, il ragazzino che vive solo con una madre separata proto-hippie e spaesata, «Due non è un buon numero». Ce ne vogliono di più per superare le crisi. E il film dei fratelli Weitz (sì, proprio quelli di “American Pie”) restituisce con buon mestiere ambienti, caratteri, manie, con un sottofondo talvolta percettibile di complessi edipici sommersi che mettono in comunicazione i personaggi. Costretti a tagliare, la riduzione più drastica è toccata ad Allie, l’amica dark di Marcus fanatica di Kurt Cobain, alla quale la seconda parte del libro riserva i momenti migliori. Ma questo film è soprattutto di Hugh Grant, che pare nato per la parte di Will, molto più adatto a questo single stropicciato e minimalista nel cuore che al libraio di “Notting Hill”. Cirdondato da un buon cast e dal fascino di una Londra riconoscibile ma non turistica, ci fa arrivare in fondo alla storia con il tempo della sua autoironica malinconia.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 38 del 2002

Autore: Emanuela Martini

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