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La vita accanto

Regia di Marco Tullio Giordana vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La vita accanto

di ispanista
7 stelle

La vita accanto, di Marco Tullio Giordana

Per accettare un’opera come quella diretta da Marco Tullio Giordana, e da lui sceneggiata in collaborazione con Marco Bellocchio e Gloria Malatesta, dobbiamo far sì che la sospensione d’incredulità, solitamente riservata alle fiabe o ai racconti fantastici, ci faccia dar credito senza remore alle suggestive immagini oniriche del film, frequenti ma in contrasto con il suo impianto strutturalmente realistico: apparizioni, guarigioni miracolose, animazione di statue e altro ancora, rimandano a un clima soprannaturale, inspiegato, che urta violentemente con la storia, dolorosamente concreta, di una famiglia in cui -come constata licenziandosi la baby sitter- c’è troppo dolore, troppa sofferenza, le cui autentiche motivazioni scopriremo solo alla fine della storia.

Eppure la famiglia Macola (casuale l'assonanza con macula, macchia? ) sembrerebbe avere tutto per essere considerata fortunata: uno splendido palazzo lungo il fiume della meravigliosa Vicenza, fama e riconoscimenti (del ginecologo Osvaldo come della sua sorella gemella Erminia, pianista affermata), una bella giovane sposa, Maria, le cui uniche occupazioni sembrano essere quelle di una ricca padrona di casa liberata da ogni incombenza domestica, alla vigilia del parto della sua prima figlia.

Tuttavia questa nascita non trasforma Maria in una madre: sconvolta dalla presenza di un rosso angioma sulla guancia sinistra della bambina e dalle maldicenze e dai pettegolezzi che potrebbe suscitare, ella la rifiuta in toto, lasciando che se ne occupino le altre donne della casa (in primis la zia), mentre lei entra nel tunnel della malattia  mentale all’insegna del lutto permanente (abiti neri, isolamento, fantasie di suicidio). Ci chiediamo perché un marito medico non aiuti sua moglie attraverso una terapia di qualsiasi tipo, lasciando che divenga preda di una nevrastenia incalzante, che finirà per ucciderla, ma così vuole la sceneggiatura.

Adesso i sensi di colpa si abbatteranno sulla figlia, Rebecca, che sente di essere stata la causa della malattia della mamma e che paga il suo talento di pianista con il bullismo dei compagni di conservatorio. Una vicenda familiare di tale portata (e dei segreti peggiori sapremo solo in conclusione) poteva risolversi con soluzioni diverse, più o meno tragiche. Il regista sceglie invece una sorta di happy end, anche qui fidando sulla nostra solidarietà: Rebecca partirà per un viaggio vacanza-premio dopo il conseguimento del diploma al Conservatorio; l’abbraccio con i due componenti della sau famiglia cancella ogni rancore, e, ciliegina sulla torta, la macchia è scomparsa! (Ogni riferimento simbolico alla macchia del peccato è decisamente voluto).

Ispanista

29 agosto 2024

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