Regia di Wendy Toye vedi scheda film
Più che un film, una performance di prestidigitazione. "Non c'è un trucco, non c'è inganno" recita il mago, ma sia il trucco che l'inganno salteranno fuori. Cortometraggio che merita decisamente una visione: spiazzante, divertente e infine anche inquietante.
Deliziosa pellicola che paga un forte debito col cinema muto ed è forse in questo l'unico elemento di vetustà, ravvisabile nelle movenze enfatizzate del protagonista, nei dialoghi essenziali e quasi didascalici, nella fotografia sgranata, nel trucco artigianale. Parliamo del 1952, del resto, e se la messa in scena soffre i suoi freschi 72 anni, la storia di contro è fresca e moderna, capace ancora di spiazzare e coinvolgere lo spettatore. Il protagonista esordisce nella scena come una sorta di clown, il trucco posticcio è piuttosto evidente ma non è chiaro in che misura faccia parte della messa in scena al di là piuttosto che al di qua dello schermo. La voce in soggettiva racconta una storia più complessa di quella che si vede; nel breve arco dei pochi minuti della pellicola questo straniero eccentrico diventerà una mascotte del piccolo paesino che sta visitando, per poi rivelare nel finale lo scopo della sua presenza. I trucchi con cui ha ammaliato le persone diverranno parte integrante dello spettacolo che ha allestito a beneficio di un solo spettatore.
Un gioiellino da recuperare.
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