Regia di Parker Finn vedi scheda film
Quando il male sorride anche alle star più idolatrate e dannate...!
SMILE 2 di Parker Finn. Due anni fa dissi che Finn, nonostante il primo film fosse appena appena accettabile, era fatto per l’horror. Con il seguito direi che ha confermato anche bene.
La pop star Skye Riley, seguitissima e attivissima cantante dal passato controverso, assisterà impotente al suicidio del suo pusher mentre è afflitto da una maledizione che gli stampa in faccia un ghigno malefico. Tale maledizione passerà a Skye provocandole incubi, visioni ed allucinazioni. Riuscirà a salvarsi prima di un’imminente fine…?!
Tanto per cominciare c’è una regia veramente molto curata, già dall’intro tutto in piano sequenza si capisce la mano di Finn. Si prosegue poi con inquadrature fisse, campi larghi e stretti, movimenti capovolti, lenti e soggettive molto notevoli. Non manca una buona costruzione della tensione, il sonoro ben dosato, a volte pure tolto e un montaggio più particolare del solito. Stavolta i jumpscare sono quasi tutti fatti bene nonostante se ne contino almeno una mezza dozzina. Almeno tre sequenze fanno veramente paura se non provare un’inquietudine cane. Lo splatter e il sangue è bello presente e fanno il loro porco effetto nella loro analogicità. La protagonista Naomi Scott ha la faccia e il fisico giusti, un sorprendente Ray Nicholson ben calato nella parte, anche se appare per pochi minuti, che è la copia quasi perfetta del padre Jack in Shining e un cameo di Drew Barrymore.
A differenza del primo Smile che aveva purtroppo una parte centrale mediocre se non pessima con ridondanze, cliché, ripetizioni e jumpscare buttati lì, ma un inizio e una fine ben fatti; qui si è scelto di concentrarsi sull’introspettiva e la realtà percepita della ragazza. La maledizione non è fine a se stessa, ma è intrecciata sul passato di Skye, le sue colpe, la sua disintossicazione dalla droga e dall’alcol, l’autolesionismo e i rapporti con la madre che la vede a tratti più come una cantante sforna soldi che come figlia. Si narra attraverso i ricordi di lei, le sue riflessioni e le sue allucinazioni con, a volte, conseguenze tragiche. Ad un certo punto si cercherà una soluzione per tale maledizione e si sfocerà in un colpo di scena con un finale che praticamente salva ancora di più il film.
I difetti stanno in alcuni jumpscare meno riusciti e un po’ gratuiti, il voler metterci alcune scelte narrative sopra le righe, ma palesi, allungano il brodo di almeno un quarto d’ora di troppo, alcune dinamiche sono riproposte dal precedente film quasi da far sembrare telefonate le scene successive e a volte, anche a causa dell’alternanza tra realtà e allucinazione, non si capiscono i rapporti di causa ed effetto.
Non è un capolavoro, non è un grande film, ma è sicuramente un gran bel passo in avanti per Parker Finn dove, a giudicare dagli incassi e dal finale, avrà l’onere e l’onore di un seguito per ora inimmaginabile.
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