Regia di Pupi Avati vedi scheda film
VENEZIA 81: FUORI CONCORSO
Che bello ritrovare Pupi Avati in gran forma, motivato e proteso a trasporre un suo noto, recente romanzo omonimo!
Una vicenda ambientata tra la Bassa Padana, alle foci del Po, e una cittadina del Midwest degli Stati Uniti ove il ragazzo si reca dopo aver fatto uno scambio della sua casa bolognese con una ricercatrice americana. Ma tutto parte nel 1945, quando gli Americani si stanno ritirando, una volta ultimate le fasi della liberazione dell'Italia dai Tedeschi.
Un giovane scrittore con un passato di turbe mentali curate in un istituto, scorge una avvenente ausiliaria dell' esercito americano mentre è in procinto di farsi tagliare i capelli nel centro di Bologna.
Un semplice scambio di sguardi e per il giovane è amore a prima vista, e come tale impossibile da scordare.
Giunto negli States qualche anno più tardi, scopre che la casa adiacente alla sua è abitata da una vecchia signora spesso irritata con la figlia che si sta spostando il ricco ex fidanzato della sorella, scomparsa in Italia dopo aver svolto servizio di assistenza ai coscritti.
Sconvolto, scopre che la ragazza scomparsa è proprio quella del suo colpo di fulmine.
Nel giardino che divide le due case, alcuni inquietanti lamenti portano il ragazzo a disotterrare in quell'orto incolto un contenitore di vetro che contiene qualcosa di inquietante che pare un resto umano.
Tornato in Italia, il giovane inizia ad indagare supportato da certe lettere con citazioni colte che in America ha decifrato con l'aiuto di un prete.
Riuscirà a scoprire che nella sparizione della donna è implicato un balordo, già sospettato di aver ucciso due donne. Il processo non lascia dubbi a nessuno tranne che al giovane scrittore, che ha modo di approfondire la conoscenza del fratello del presunto assassino, e di ottenere molte buone ragioni per comprendere che il vero colpevole non è il poveraccio sotto processo.
L'orto americano non è un horror padano, anche se le lugubri atmosfere padane paludose e nebbiose riescono, assieme ad una magnifica fotografia in bianco e nero a cura di Cesare Bastelli, a creare una atmosfera galvanizzante utile a tenere desta l'attenzione e ravvivare la tensione dello spettatore.
L'orto americano si delinea piuttosto come un giallo ben costruito ed efficacemente ambientato, in cui l'attenzione per i dettagli, per le facciate delle case sfatte padane, così come quelle americane un po' fatiscenti, ma ancora in grado di manifestare i dettagli di una trascorsa epoca di benessere, spicca e si rivela un dettaglio vincente.
Ottima la prova del giovane Filippo Scotti, scoperto solo pochi anni fa da Sorrentino nell'autobiografico È stata la mano di Dio (2021), attorniato da uno stuolo di interpreti del cuore di Avati come Massimo Bonetti, Rita Tushingham, Andrea Roncato, Chiara Caselli, Claudio Botosso, Nicola Nocella, e un inquietante Roberto De Francesco, mentre Cesare Cremonini si ritaglia qualche posa nei panni di un folle becchino.
Grandi atmosfere, buon ritmo e tensione, e case che, stavolta, fanno tutto tranne che ridere, come testimonia l'antica magione abbandonata dei due fratelli in questione, in uno dei momenti cardine del racconto.
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