Regia di Vincenzo Alfieri vedi scheda film
Rebecca Zuin, ricca imprenditrice farmaceutica di mezza età, mentre si trova in casa, muore d'infarto, lasciando solo Bruno Furlan, marito di diversi anni più giovane, ricercatore e, a seguito del matrimonio, strettissimo collaboratore della donna nella gestione della corporation di famiglia. Una qualche indagine circa la morte di Rebecca è necessaria; considerata la portata dei benefici economici scaturenti dal tragico evento in suo favore, il coinvolgimento del marito Bruno non può essere escluso. Poco prima di procedere ad autopsia, tuttavia, il cadavere di Rebecca scompare dall'obitorio nel quale è custodito. L'ispettore Cosser, incaricato delle indagini, convoca sul posto Bruno per informarlo. Egli sospetta dell'uomo e, sin dal momento in cui egli fa il suo ingresso in obitorio, lo pone di fatto sotto inchiesta, e non a torto; Bruno ha molto da nascondere. Il giovane uomo di cinema Vincenzo Alfieri realizza, traendo ispirazione del film spagnolo "El Cuerpo", un teso thriller poliziesco. Partendo da una concatenazione di eventi, egli ricostruisce, anche mediante flashback, il tormentato rapporto coniugale tra Rebecca e Bruno, rendendo una valida caratterizzazione dei due personaggi, interpretati rispettivamente da Claudia Gerini e Andrea Di Luigi. Lei è una donna d'industria, in grado di guidare con mano ferma l'azienda e, al tempo stesso, godere dei piaceri della vita. Una dimora sontuosa, veicoli potenti, feste principesche con persone di pari censo; l'abitudine di sentirsi corteggiata e rispettata, se non altro in virtù delle sue ricchezza e potenza; la noia, la quale genera la tendenza alla trasgressione, la voglia di prendersi gioco degli altri. Il coniuge, un ricercatore di buone capacità, trova la possibilità di emergere grazie alla moglie. Vive il rapporto con essa con un certo disagio; soffre poichè, nonostante il suo impegno e la sua bravura, chi gli è intorno ritiene che egli abbia potuto raggiungere la sua posizione solo grazie a Rebecca. La quale, pur sembrando diversamente, non lo disprezza. A modo suo, lo ama; lo protegge; quasi fosse - ipotesi non peregrina, considerando la differenza di età - una madre. L'incomprensione di fondo, il dover vivere in eterna competizione, senza poter vincere, impedisce lo sbocciare di un amore genuino; Bruno, ad un certo punto, ammette ciò, cerca soddisfazione altrove, la tradisce. Sotto un'apparente serenità, corroborata da condivisione di interessi lavorativi e di certi tipi di piaceri, si celano dissapori, invidie, recriminazioni; una situazione esplosiva. La "detonazione" è innescata da un deus ex machina, insospettabile ma fino ad un certo punto. L'ispettore Cosser (Giuseppe Battiston), nevrotico, paranoico, caparbio e poco rispettoso delle regole, segnato da un'ingiustizia subita, un gravissimo lutto, sa, della vicenda, molto più di quanto il suo ruolo di poliziotto gli consenta. Passato e presente s'intecciano, fornendo allo spettatore una serie di elementi, i quali gli permettono di fare ipotesi circa il mistero del corpo scomparso; tra esse, fa capolino quella per la quale Rebecca potrebbe essere ancora viva. In prossimità dell'epilogo giunge chiarezza su questo aspetto, nonchè circa le azioni compiute da Bruno, ma permangono alcuni misteri. Hanno avuto un ruolo, nella vicenda, le amanti di Bruno ? Se si, quale ? Anche queste domande, nelle battute finali, trovano risposta. I personaggi principali sono stati manovrati con lo scopo di condurre una raffinata vendetta. Un piano complesso, ricco di incognite, il quale trova successo grazie a questione di "culo" (sic) coincidente con la sfortuna altrui. Dunque, il cerchio si chiude. Il film non gode di una gran varietà di ambientazioni; esse sono comunque ben ricostruite. I luoghi della fastosa quotidianità dei protagonisti, gli uffici, collocati nel quartiere Eur di Roma, in particolare l'obitorio, buio, inospitale, teatro della lugubre messa in scena che conduce Bruno alla rovina, all'ammissione delle sue responsabilità. Il ritmo è inizialmente molto sostenuto; successivamente rallenta. Le informazioni allo spettatore sono fornite gradualmente; egli è indotto a credere che Rebecca sia viva e si stia prendendo gioco del marito. Ma è necessario attendere le ultime sequenze per avere risposta a tutti gli interrogativi. Credo che Vincenzo Alfieri, tra le opere del quale ho avuto modo di vedere al cinema "Gli Uomini D'Oro", abbia fatto un buon lavoro. Non indugia nel manierismo. Non s'interessa del realismo della vicenda (Cosser conduce la sua indagine al di fuori di ogni regola di procedura penale) quanto di quello dei personaggi; a tal fine, sfrutta gli attori a sua disposizione cercando di trarre da essi il massimo, affidando loro ruoli complessi, di soggetti nello stesso momento carnefici e vittime. Fotografia scura, sequenze oniriche, atmosfere lugubri, repentine alternanze cromatiche ben si sposano con la ricostruzione del morboso rapporto che lega - e condanna - Bruno e Rebecca, belli, ricchi, dannati, senza speranza. Da vedere.
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