Regia di Phil Grabsky vedi scheda film
La vita sospesa del sogno americano
Nei quadri di Hopper ad accadere sono le cose che hanno a che fare con l’attesa. Le persone di Hopper paiono non avere occupazioni di sorta. Sono come personaggi abbandonati dai loro copioni che ora, intrappolati nello spazio della propria attesa, devono farsi compagnia da sé, senza una chiara destinazione, senza futuro.
Mark Strand
Il film di Phil Grabsky presentato da Nexo Digital e appena arrivato nelle sale è la prova del grande potere di attrazione che Hopper esercita da sempre sulle masse.
Un’indagine Doxa lo confermerebbe, anche senza conoscerlo si va a vederlo per una sorta di attrazione fatale, la sua America è quella che ci aspettiamo senza averla mai vista, nei suoi spazi ci riconosciamo, sono lo specchio di una identità che sentiamo nostra ma che non ci avvolge né ci sublima, ci lascia lì, raggelati, inerti, in attesa.
Nessun psicologismo, guai, le tele di Hopper ne sono lontane anni luce. E neppure sociologismi.
Alla domanda: C’è qualche contenuto sociale nel suo lavoro? rispose: Assolutamente nessuno.
Forse, piuttosto, si potrebbe parlare di rivelazione.
La vita intera sembra essere per Hopper una grande sala di attesa, hanno detto, e di cosa lo sa il pubblico, o forse neppure, è l’attesa per antonomasia, quella che ognuno vive nella propria vita, fino a quella stanza vuota, inondata dal sole, Sun in an Empty Room(Sole in una stanza vuota).
E’ l’ultima tela dipinta da Hopper, il suo lascito testamentario, e forse bisognerebbe cominciare da lì la lunga rassegna delle sue moltissime opere, tanti interrogativi sui significati non verrebbero più posti.
Luce, spazio, forme essenziali e geometriche, la luce è l’unica protagonista di una stanza vuota.
Sun in an Empty Roomè il punto di arrivo di una costante distillazione della forma, il momento in cui sparisce tutto il resto e resta lei, la luce, la vera protagonista del suo lavoro.
Luce naturale o artificiale, diretta o riflessa, luce anche notturna di lampade gialle o chiarore dei primi bagliori dell’alba, luce aurorale o crepuscolare, è sempre luce che vive di vita autonoma, non invade la tela come negli Impressionisti, è un corpo netto, staccato, da cui prendono forma gli altri corpi.
La luce è la magia delle tele di Hopper, perché di luce è fatta l’attesa, e l’attesa è la cifra dei suoi scenari.
Non sta accadendo nulla, ma tutto può accadere.
Solitudine, malinconia? Forse, ma vengono dopo, o forse verrà altro che non sapremo mai.
Dunque mistero, nelle sue figure immobili, in silenzio, mai rivolte l’una verso l’altra, tutte separate da spazi esistenziali, anche quando condividono gli stessi spazi.
Sulle tele di Hopper si potrebbe parlare per giorni interi e dire milioni di parole, il repertorio è immenso e la sua vita, lunga, fu interamente dedicata all’arte.
Il film ce la racconta tutta, il commento è molto ben condotto da più voci, immagini di repertorio da filmati d’epoca ci fanno vedere l’uomo nella sua realtà, la moglie Jo, fedele compagna che ha sacrificato al marito la sua arte e di cui vogliamo ricordare le parole finali, una sommessa dichiarazione di autonomia: Gli uomini non conoscono la gratitudine.
La figura femminile in quasi tutte le sue tele ebbe un’unica modella, la moglie Jo, non aveva senso cercarne altre. Per il resto, Hopper fu un uomo silenzioso, alquanto burbero, non ebbe figli, amante di letteratura, cinema, teatro, fuori dalle cerchie che nel suo tempo diedero vita a sperimentazioni artistiche importanti, fu una meteora solitaria.
Grande viaggiatore, cercò la luce anche nella vecchia Europa, molto diversa da quella americana:
A Parigi la luce è diversa da tutti gli altri posti. Persino le ombre sono luminose
Nato per l’arte, fin da piccolo favorito dalla famiglia in questa sua inclinazione, ne ha fatto la sua ragione di vita e il lascito alle generazioni successive è stato grande.
Per citarne solo uno, Hitchcock, ebbe una vera passione per Hopper. La casa di Norman Bates sembra costruita su suo progetto.
L’America di Hopper è quella del sogno americano svuotato di ogni alone di speranza, salvezza, redenzione, è come uno sguardo cristallizzato sul mondo.
Non nichilista, c’è sempre una finestra da cui guardare e aspettare qualcosa, e neppure inquietante, le sue tele sembrano tutte nate in una domenica mattina.
Silenzio, sospensione, nessuno per strada, tutti dentro case con tendine alle finestre, negozi chiusi. Accadrà qualcosa? Certo, ma non ora.
Arriverà qualcuno dal benzinaio solitario con le sue tre pompe di benzina? Certo, ma non ora
.
E il catamarano con i cinque giovani assorti a guardare l’orizzonte riprenderà la navigazione? Probabile.
E passerà un treno su quelle rotaie? E quei signori sdraiati a prendere il sole si diranno qualcosa prima o poi? E la mano dell’uomo in quel caffè notturno appoggiata al bancone stringerà quella della donna (Nighthawks)? Per ora no, poi chissà.
Attesa della rivelazione, luce, forse la vita è solo questo.
Poi la luce si spegne, come in sala, e comincia il grande sogno, il cinema.
www.paoladigiuseppe.it
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