Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
Certo, si aggiunge il piacere della musica della Traviata e di alcuni commenti acuti, ma c’è soprattutto sempre la grandezza straordinaria di regia, gli stacchi, i movimenti di macchina e le esitazioni e gli indugi. Tutto. L’avevo conosciuto a Roma dopo I pugni in tasca, che mi aveva fatto riconoscere in lui la grande promessa del cinema italiano. Non tutto dopo mi pare che abbia mantenuto le promesse, ma ora con vera emozione ho riconosciuto quel grande regista che ricordavo e che solo ogni tanto poi ho intravisto. Un film che merita di essere rivisto e studiato a lungo. Sprigiona amore per Piacenza e per la musica, ma anche e soprattutto per il cinema.
Parla immediatamente di sé, si introduce come documentario richiesto dal comune di Piacenza per commemorare Verdi, ma non è veramente documentario: è tutto abilmente ricostruito, con salti che attenuano il pathos melodrammatico con passaggi alla trattoria, o lo esaltano per esempio quando la giovane autodidatta studia e canta alternandosi o affiancandosi alla voce registrata da cui impara, in un alternarsi magistrale. Affascinante anche l’esposizione critica e ammirata del canto celebre (che suscita sempre applausi) “di provenza il mare e il sol”, proposto come voluta retorica di derisione della mentalità borghese fatta di convenzioni morali (morali!?) e musicali. Magnifica pagina di cinema e di esegesi musicale. Il regista è sempre presente, soprattutto quando è nascosto…
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