Regia di Giada Colagrande vedi scheda film
Una sorella, Maria, che è prostituta, madre, amante e ”carceriera“. E Caterina, prigioniera di un sogno tra le mura di un severo appartamento e quelle di un’evocata palestra dove poter far danzare l’anima (as)sopita. L’intenso, trattenuto (come si trattiene, volutamente, un respiro) primo lungometraggio della ventottenne Giada Colagrande si sposta con rigore in un minimalismo seriale che non può che portare alla morte reiterata, non prima di carnali ripetitive ossessioni. Un film che tenta con forza di filmare l’infilmabile e che si dà una forma pittorica nell’illusione di fermare, con la sintesi, gli attimi, l’amore, e ciò che da esso può partorire. Una passione che svela, in ogni istante, la sua fragilità e la sua possanza, le sue debolezze e le sue energie. Il coraggio della giovanissima autrice è vissuto pure – e, dunque, senza filtri - nel ruolo di Caterina, accerchiata da perturbabili ed erotici tempi sospesi. Contrappasso essenziale alla fredda e impassibile Maria di Natalie Cristiani, corpo in grado di sciogliersi solo attraverso un iconico possesso. Bravo - nella difficile parte di Giovanni, l’uomo che prova a rovistare tra gli equilibri – Claudio Botosso. Sorprendenti i camei del regista Tonino De Bernardi e di Filippo Timi.
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