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My Old Ass

Regia di Megan Park vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su My Old Ass

di mck
8 stelle

"Non c'è alternativa al futuro."

 

 

Il tono di “My Old Ass”, la genuinamente bella opera seconda dopo “the Fallout” scritta e diretta da Megan Park (1986), che “come suggerisce il titolo” narra dell’incontro - veicolato da un innesco psilocibin-cannabinoide - fra Elliott, una ragazza quasi diciottenne in procinto di lasciare il proprio paesello che sorge sulle campagnole rive trapuntate di cottage (in qualità di abitazione principale nonché unica di famiglia, non di seconda casa delle vacanze) del mirtilloso lago Muskoka, ameno specchio lacustre splendidamente uguale a migliaia d’altri e “perso” nella bucolica provincia canadese, poco ad est dell’Huron, per trasferirsi nella metropoli di Toronto, capitale dell’Ontario, un centinaio di chilometri più a sud, a studiare in un’università e lavorare, e la propria versione adulta quaranten… pardon… trentanovenne (il vecchio culo, per l’appunto, ovvero la carcassa, l’anzianotta, la vecchiarda, la matusa… agli occhi di una liceale) proveniente dal – o, meglio, a questo punto, da un – futuro (che, ogni tanto, prevede di correre in non meglio precisati “Basement! Basement!” al suono di lontane sirene d’allarme), è sito a mezza via fra, da una parte, una crasi tra lo scambio madre-figlia dei vari “Freaky Friday” (Mary Rodgers, 1972, con Gary Nelson, Jodie Foster e Barbara Harris, 1976) e l’incontro cronosismatico madre-figlia del meraviglioso “Petit Maman” (Céline Sciamma e Joséphine & Gabrielle Sanz, 2021), e, dall’altra, tanto un mood à laBookSmart(Olivia Wilde, Kaitlyn Dever, Beanie Feldstein & C., 2019) quanto un’evoluzione esponenziale di quella tipologia, per lo più tossico-velenosa, ma non sempre, di serie e film seriali che la sceneggiatrice e regista ha interpretato nel corso della sua carriera di attrice: da un ruolo importante e continuato nel teen drama “the Secret Life of the American Teenager” a svariate parti da co-protagonista in molti film per la TV, direct to video e della (per lo più giustamente famigerata) Hallmark (e “infatti” alcune inquadrature di raccordo paesaggistiche d’ambientazione - gli establishing shot - in movimento dall’alto a volo d’uccello o a camera fissa con la MdP puntata all’orizzonte ricordano lo “stile” para-televisivo delle commedie dramma-romantiche (o romantic comedy-drama, o fate voi: invertendo l'ordine dei fattori/addendi il risultato totale del prodotto/somma non cambia) che la regista interpretava… ma, s’è per questo, pure gli scarti elicottero-shininghiani recuperati per il lieto fine di “Blade Runner”, ché tutto è de-contestualizzabile).

 

 

Maisy Stella (“Nashville” e il prossimo “Flowervale Street” di David Robert Mitchell), con un paio d’anni in più sulle spalle rispetto al suo personaggio, regge molto bene il ruolo importante ed è coadiuvata da un cast di contorno di prim’ordine: da Aubrey Plaza (“Parks and Recreation”, “Scott Pilgrim vs. the World”, “Safety Non Guaranteed”, “the To Do List”, “Ned Rifle”, “Life After Beth”, “the Driftless Area”, “Addicted to Fresno”, “Joshy”, “Legion”, “the Little Hours”, “Ingrid Goes West”, “An Evening with Beverly Luff Linn”, “Black Bear”, “Happiest Season”, “Best Sellers”, “Calls”, “the White Lotus: Sicily”, “Spin Me Round”, “Emily the Criminal”, “Megalopolis” e i prossimi “Honey Don’t!” e “Olga Dies Dreaming”) a Percy Hynes White (il cui contratto non è stato rinnovato per la seconda stagione di “Wednesday”, ma che comparirà nel prossimo “Winter Spring Summer or Fall” proprio al fianco di Jenna Ortega), passando per Kerrice Brooks (la prossima “Star Trek: Starfleet Academy”) e Maddie Ziegler (dopo la “Sia-career”, già nel succitato “the Fallout” con la succitata Jenna Ortega), le amiche di Elliott, e poi Maria Dizzia (Orange Is the New Black, Christine, Piercing, Vox Lux), Al Goulem, Seth Isaac Johnson e Carter Trozzolo (madre, padre e fratello maggiore e minore - con precoce, ma benemerita, passione per Saoirse Ronan - di Elliott), e Alexandria Rivera (il primo amore, da platonico a consumato, di Elliott). Fotografia di Kristen Correll, montaggio di Jennifer Vecchiarello e musiche di Tyler Hilton & Jaco Caraco. Co-produce Margot Robbie e distribuisce Amazon/MGM.

 

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La “rivelazione” è telefonatissima (traditore seriale?, stupratore occasionale?, violento abitudinario?, portatore insano di HIV, epatite, herpes?, elettore di Azione - Italia Viva? Ovviamente no...), ma chi se ne frega: non è maldestramente furbastuta (anche se la non spiegazione del fatto che il quando, perché, come e dove l’evento accadrà non venga rivelato rimane fumosa) e non forza con l’inganno l’intervento della sospensione dell’incredulità comportamentale (semplicemente non è esplicitato in alcun modo che la protagonista possa o meno essersi data come risposta fra le tante possibili quella della -omissis- del -omissis-), e poi durante gli 85 minuti di durata non si guarda, mai, nemmeno una volta, lorologio: non è poco (e forse è "tutto").

 

 

* * * ½/¾ - 7.25      

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