Regia di Liliana Cavani vedi scheda film
Questo romanzo di Patricia Highsmith al cinema è già arrivato. Era il 1977, il film si chiamava ”L’amico americano“, il regista era Wim Wenders, e ancora faceva un cinema d’emozione e citazione, rarefatto e arrabbiato. Dimenticate Wenders e le suggestive ambiguità di molti altri film tratti dalla Highsmith. Con questo ”Il gioco di Ripley“ siamo nella calma piatta del Tv movie, nonostante gli ammiccamenti, i tic, le vocine di John Malkovich (che dopo un po’ trascina nella scia della sua insopportabile recitazione anche il quieto Dougray Scott) e nonostante le presunzioni artistiche e letterarie della sceneggiatura. Dopo un attacco berlinese in stile Derrick, ci si perde tra una villa palladiana, una locanda Cipriani, uno scorcio di Asolo (sarà per il set “campanilista” che è stato selezionato per Venezia?), nelle maglie di una tela psicologica ovvia. Liliana Cavani, certo, ha fatto di peggio; ma forse non è mai stata tanto scolastica come in questo film. E certo, la Highsmith meritava di meglio.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta