Regia di Youssef Chahine, Amos Gitai, Alejandro González Iñárritu, Shohei Imamura, Claude Lelouch, Ken Loach, Samira Makhmalbaf, Mira Nair, Idrissa Ouedraogo, Sean Penn, Danis Tanovic vedi scheda film
Undici episodi di 11 minuti, nove secondi e un fotogramma per ripensare a quell'11 settembre, una data che rimarrà scolpita nella memoria di tutti. La scommessa del produttore francese Alain Brigand era azzardata, ma si è risolta in un buon film, con episodi più o meno toccanti, ma nel complesso riusciti. Ognuno potrà scegliere gli episodi preferiti. Mereghetti sostiene che i più toccanti sono quello di Lelouch e quello di Penn e il meno riuscito quello di Mira Nair; secondo me l'episodio di Ken Loach è di una spanna superiore a tutti gli altri (bravissimo, in questi 11 minuti, l'attore cileno Vladimir Vega, già visto in "Ladybird Ladybird"), ma una menzione di riguardo si guadagnano anche la Makhmalbaf, Sean Penn (davvero bravo il vecchio Borgnine, la cui casa è oscurata dall'ombra delle Torri Gemelle), Imamura e Mira Nair (si tratta di una storia vera, e a me continua a piacere, nonostante tutto, Chi l'ha visto?). Grottesco l'episodio di Amos Gitai, nel quale una cronista giunge sul luogo di un attentato kamikaze a Gerusalemme e cerca di comunicare un servizio su "un attentato di lieve entità" (come dice il poliziotto) che non sarà mai messo in onda a causa delle breaking news provenienti proprio quell'11 settembre 2001 da New York. Il più deludente è secondo me l'episodio di Iñàrritu (schermo nero con le voci delle televisioni di tutto il mondo che annunciano la tragedia): mi è sembrata una furbata fuori luogo, inaspettata da un regista del quale si dice un gran bene. Non granché nemmeno l'episodio di Tanovic, un regista molto sopravvalutato dopo l'Oscar ottenuto per "No Man's Land".
Nel complesso ne è uscito un buon film, che serve a riflettere su quella tragedia che ha colpito tutto il mondo meno di tre anni fa (riflettano, però anche e specialmente gli americani, soprattutto guardando l'episodio di Loach), anche per dire, tutti, come dice nel finale l'ultimo episodio, quello di Imamura (nel quale un soldato giapponese tornato dalla Seconda Guerra Mondiale, a causa degli orrori vissuti, si comporta come un serpente) "nessuna guerra è santa". (9 agosto 2004)
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