Regia di Godfrey Reggio vedi scheda film
Ed eccoci finalmente arrivati al capitolo terzo della trilogia, un film dalle moltissime immagini mozzafiato, che ci trascina in vortici di puro splendore visivo.
Ma alla base di tutto vi è un’accozzaglia di messaggi che, duole il cuore a dirlo, sono a dir poco stereotipati.
E dico che mi duole ammetterlo poiché la valutazione di “Naqoiqatsi” non può assolutamente prescindere da un paragone con i suoi predecessori, al confronto dei quali sfigura non poco. Questo poiché ambisce a voler attuare un ritratto del mondo odierno contaminato dalla tecnologia, ma il tutto è troppo didascalico, smaccatamente elementare, banalmente moralista: lo sono la pioggia di numeri associata alle immagini di Wall Street, o le tante immagini di scontri e pestaggi che non riescono mai nell’intento di colpire al cuore (o allo stomaco) e a mostrare la violenza vera.
Stavolta poi la musica di Philip Glass si limita ad un vortice di motivi ripetuti, melodie interrotte che non sfociano da nessuna parte (come del resto tutta la pellicola).
Un caleidoscopio digitale intrappolato nella forma, e di conseguenza incapace di veicolare i(l) propri(o) messaggio o espletare i(l) propri(o) contenuto in maniera sofisticata ed efficace.
A volerlo definire in una parola: gessato.
A volerlo spiegare tramite un’asserzione: un affascinante buco nell’acqua.
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