Regia di Lu Chuan vedi scheda film
Che la Columbia stia inserendo i propri potenti tentacoli produttivi nel mercato orientale aiutando alcuni cineasti nel loro lavoro, può anche essere un male. C’è il rischio di una spersonalizzazione, di un’occidentalizzazione del prodotto, a scapito della specificità (è ciò che non comprendono i fan dei professionisti orientali sbarcati a Hollywood per commercializzare il loro talento). Non è proprio il problema di questo film cinese. Rispetto ad altri è visivamente più arzillo, ma non ci si può non chiedere, alla fine, a quale pro. La storia del poliziotto che perde la pistola, i cui proiettili cominciano a causare dei morti, poteva diventare una bella ricerca disperata attraverso i meandri di una città cunicolare, anche al recupero di un sé e di un’identità di un paese, ma è tutto superficiale, non prende né emoziona. D’accordo che non si potevano pretendere i risultati di Cane randagio di Kurosawa, cui la vicenda deve molto, ma almeno un po’ di coinvolgimento. Bravo Jiang Wen, molto meno il regista-sceneggiatore: non basta uno svolazzo della macchina da presa per rendere vivo un film.
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