Regia di William Wyler vedi scheda film
Nonostante qualche momento di forzata buffoneria all'inizio, del resto tipico del genere, Piccole volpi prende quota con lo srotolarsi della pellicola, con la sceneggiatura che mette a confronto due modi di intendere quell'idea che si chiama America. Uno è quello degli idealisti, per natura, come il giornalista David Hewitt ("è la stampa, bellezza!"), o ravveduti come Horace Giddens e sua figlia Alexandra; l'altro è quello delle piccole volpi, che arrivano di notte nella vigna per sgraffignare l'uva. Sono due modi di vedere, di vivere, perfino di governare, che si scontrano ancora nell'America di oggi, e che Lillian Hellman aveva già perfettamente messo a fuoco nella sceneggiatura di questo film. Proprio nello script si apprezza l'idea di inserire il controcanto ora ironico (quello di Cal) ora sapientemente distaccato (quello di Addie) della servitù di colore. Wyler, poi, corre da par suo sui due piani di casa Giddens, facendovi muovere degli interpreti notevolmente bravi, tra i quali spicca ovviamente una Bette Davis che dà il meglio di sé nella scena madre dove, truccata come una bambolina settecentesca, resta seduta, paralizzata dall'odio e dalla sete di denaro.
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