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Vendredi soir

Regia di Claire Denis vedi scheda film

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La recensione su Vendredi soir

di mck
8 stelle

Vivement Samedi!

 

“La 25sima Ora” versione soft (ma non core), bourgeoise.

 


L'ultimo giorno di libertà per Laure (Valérie Lemercier), ché da domani andrà a vivere con François nella sua...loro casa.

 


Anno 2002, la Tour Eiffel svetta col suo ritmico faro di segnalazione sorgendo tra le brume del metropolitano meriggiare morente, colta nelle prime ore del tramonto mentre le grigio-smeraldine lastre d'ardesia ramata, di cemento-amianto e di rame brunito-acquamarina rivestenti i tetti spioventi di Parigi riflettono gli ultimi, orizzontali e dorati, raggi di sole : verde e oro, ed è subito sera. 

 


Ground Zero è “solo” un buco al di là dell'Atlantico.
"La Haine" è sempre presente ma alla periferia dello sguardo, lontano, oltre...
La redazione di Charlie Hebdo, il Bataclan e dintorni, il lungomare di Nizza sono di là da venire.
Jean (Vincent Lindon), sotto la pioggia sottile, la sta fissando dal ciglio della strada. 

 


Il film è in buona sostanza suddiviso in due parti, in due abitacoli : quello dell'automobile, appena lasciatone un altro, l'appartamento che l'indomani abbandonerà per sempre durante il week end per trasferirsi dal compagno, con tutta la vita inscatolata (sottoinsiemi dentro altri insiemi) - libri, cd, vestiti, alto, basso, fragile -, e quello della stanza d'hotel, in cui si consuma il tradimento : in pratica è il primo quarto di “Tre Camere a Manhattan” di Georges Simenon, con dialoghi ridotti all'osso essenziale tra l'incomunicabilità e l'innecessità della comunicazione : la protagonista è sotto certi aspetti una banderuola al vento in balìa e alla mercé del mondo, e la sceneggiatura gioca molto con certi stereotipi da essere umano d'ambo i sessi [parcheggia in seconda fila restringendo la carreggiata ad uso monoveicolare, agisce spinta da un “consiglio” radiofonico quasi in stile Federica Fontana (ogni volta che salta fuori su RadioPopolare mentre sto guidando un pedone rischia la vita più del solito) : passa da un “estremo” all'altro, dal fuggire rifiutando la richiesta di un passaggio alla spasmodica ricerca di un autostoppista da caricare] e da femmina (perde l'automobile comprensiva di passeggero al suo interno) al volante. 

 


La prima parte ripercorre le strade, in senso inverso (ma non contromano), di un film del decennio successivo (un'era geologica), “Under the Skin” : se Isserley - la Femmina - è costantemente a caccia in cerca di prede, Laure è una preda spaurita in partenza, in essenza.
La seconda parte è un Ultimo Tango docile, pacato, non cannibalico, senza tango (ma con TinderSticks), e senza Parigi, verrebbe da dire, ma sarebbe sbagliato.   

 


Il diaframma (hopperiano) che le collega è il momento (classico) alla "NightHawks" (con un'avventora - termine repellente, in quota Boldrini, a norma di Legge - rimembrabile, la seconda - che diviene prima e che ritorna seconda - scelta per la serata di/da Jean, interpretata da Florence Loiret-Caillet).  

 


Gli alchemicamente complementari Valérie Lemercier - brava e composta -  e Vincent Lindon (l'attor borghese per eccellenza) - ottimo, e per quanto mi riguarda secondo solo a Daniel Auteuil - inscenano un duetto-duello, un asimmetrico, armonico passo-a-due di gran valore. 

 


Sceneggiatura di Emmanuèle Bernheim (molto F.Ozon e un co-adattamento con M.Houellebecq di “Plateforme”) - dal suo romanzo del 1998 (tradotto e pubblicato a suo tempo da Rizzoli nella Scala) - e Claire Denis.  

Fotografia di Agnès Godard (la cinepresa è quasi sempre in movimento fluido, "ammiccante", tanto sensuale quanto imparziale, ed esplora il set e il quadro, i volti e i corpi, attraverso minime carrellate, panoramiche, plongèe e semplici movimenti di macchina), montaggio di Nelly Quettier, suono di Jean-Louis Ughetto

Le musiche - molto belle - del sodale violinista e multi-strumentista Dickon Hinchliffe ex/by TinderSticks (“Winter's Bone”, “Project Nim”), come il film, riattraversano, rivestono, reindossano, reinterpretano un paesaggio (oltre che fisico: sonoro, emotivo) già percorso ma lo reinventano e soprattutto lo “sincerizzano” all'interno di questa rivisitazione del canone indie-electro-jazz.   

 


La pellicola si situa a mezza via tra il puro (spurio) atto cinematografico [narrazione, rappresentazione, mediazione tra tecnica e stile, e immedesimazione : lo stacco sulla stazione della metropolitana vuota per lo sciopero è la rappresentazione di un semplice desiderio o meglio di una constatazione che la protagonista rimugina in coda ferma nell'ingorgo, ed è sempre la sua immaginazione che crea la scena del probabile andazzo cui sarebbe andata incontro la cena a casa di amici, costruita e risolta con un uso simpatico di un diaframma mobile...

 

 

...alla vecchia maniera del muto (la classica "iride"), oppure ancora, quella, di scena, alla EWS (gelosia) precoce, in cui lui pediluvia ed altro la bella sconosciuta rifugiatasi allla toilette del ristorante-pizzeria, sempre vissuta/creata dal PdV di Laure. Mentre "Psycho" è un regalo per lo spettatore] e il Racconto Morale (“Ma nuit chez Maud”, “L'amour l'après-midi”, e più schiettamente il “kieslowskiano” prologo con la domestica/portiera del palazzo a riciclare gli scarti) : “un film di Rohmer con Anouk Aimée” (quindi no, né Anna Karina né Jean Seberg), s'inventavano i Baustelle (“L.”, in “Amen”) nel 2008 : ecco, volendo, è un film di Eric Rohmer diretto da Jacques Audiard (con inserti - pulsioni - di Philippe Garrel).  

 


Qual è il senso di questo film?
Se non è polisemico, ad ogni modo è semi-universale.   

 


Termina come un “la Vie d'Adèle” pacificato, o meglio: fatuo. Confortante, consolante.

Ma la costante plenaria, assoluta, cosmopolita, per l'appunto universale, in "Vendredi Soir", è il Pericolo, la Paura, la loro falsa(ta) percezione.  

 

 

Un'acciuga si dimena e scodinzola, il paralume di un abat-jour s'invola tornando al suo, (ap)propri(at)o, giusto posto. 

 

* * * ¾    

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